giovedì 31 gennaio 2013

Modern Witch League 5#: Alfabeto di strega: V come Vegvisir



Modern Witch League 5#: Alfabeto di strega: 
V come Vegvisir


Il Vegvísir ( islandese 'cartello') è un  pentagramma magico islandese  che ha lo scopo di aiutare il portatore a trovare la propria  strada attraverso il tempo del proprio percorso o della propria vita. Il simbolo è attestato nel manoscritto Huld, travato in Islanda da Geir Vigfusson nel 1880.
Un foglio del manoscritto fornisce un'immagine del vegvísir, il nome, e in prosa, recita che "if this sign is carried, one will never lose one's way in storms or bad weather, even when the way is not known" "se questo segno è portato con sé, una persona non perderà mai la strada nella tempesta o nel cattivo tempo, anche se non conosce la strada.".
In islandese essa assume il suo significato profondo di "guida" di segno direzionale, mentre nella moderna cultura popolare esso viene chiamato Compasso Rune o "Vedere la Via"
Il Vegvisir è generalmente definito come una bussola Runica; "segnale/ direzione'" significa 'vedere il modo in cui vedere la via'. Questo fascino aiuta a non smarrirsi, non perdersi. Si tratta di una 'runa brun 'o di un fascino del mare.  Si ipotizza che esso appartienga ad una famiglia di 'doghe magiche' di epoca vichinga (che) potrebbero essere state disegnate o incise all'interno del proprio elmo. Questa può essere stata anche disegnata, e potrebbe tutt'ora esserlo, sulla fronte con la saliva o sangue.
A proposito di indossare questo simbolo o addirittura di tatuarselo, in un'intervista del  Rolling Stonenel nel luglio 1995, Björk ha detto: "E 'così non mi perdo", ride civettuola."Se per i Vichinghi c'era maltempo o nebbia,  usavano disegnarlo sulla fronte con un pezzo di carbone. Ho pensato che era un po 'troppo', così l'ho messo lì. " riferendosi al suo tatuaggio del Vegvisir sul suo braccio.
Come si legge anche dalla stessa Björk questo simbolo è spesso associato con la cultura e l'epoca vichinga, ed è proprio attraverso le mie ricerche in campo nordico che l'ho scoperto, tuttavia questo concetto non è corretto, pare che il suo indirizzo originale vedrebbe questo simbolo nascere nel 17 ° secolo e provenire da un grimorio Islandese chiamato Galdrabók (' libro magico '). Nonostante questo, la sua origine è ancora difficile da accertare chiaramente, potrebbe provenire da qualche sorta di misticismo medievale e/o dell'occultismo rinascimentale e allo stesso tempo avere qualche connessione con l'antica tradizione germanica e le rune.
Un altra piccola curiosità essendo un simbolo abbastanza e forse troppo in voga, nel 2008 nel film Max Payne il tatuatore che spiega la sua teoria sulle valchirie, ha un tatuaggio con il Vegvísir sulla spalla sinistra.
Da quando ho conosciuto il significato di questo simbolo ho deciso che prima o poi anche io l'avrei tatuato su di me, Ho disegnato l'immagine di questo post io stessa, ricorda forse un po un fiocco di neve e mi piace la sua duplice "essenza  permette di nasconderlo a chi non è troppo attento, lo lega alla sua terra di origine, al freddo al nord e all'acqua. Nonostante questo non sono ancora certa che sia il progetto finale e ultimo anche se è molto probabile.. Sono in prossimità di, aspetto solo la spinata emotiva giusta.
Dicevo, l'ho scelto per renderlo indelebile nella mia vita non perché abbia qualche legame che veda necessariamente coinvolto il mondo nordico, Odino o le Rene come spesso si crede (come ho scritto) o si sostiene, ma settemplice perché lo trovo un bellissimo "incantesimo" da avere sempre con me per non perdermi lungo il sentiero della mia vita, un augurio propizio per trovare sempre la mia strada nonostante le difficoltà alle quali la vita potrebbe sottopormi, senza smarrirmi. Credo di averne bisogno, sono una che rischia di perdersi di tanto in tanto...

martedì 29 gennaio 2013

I Riti di Febbraio


✖ I Riti di Febbraio ✖


Feste dal Calendario Pagano
01 febbraio. Imbolc. Festa di purificazione. Sabba di Imbolc Festa di Brigid
02 febbraio. Candelora.
05.febbraio. Festa del Fauno.Concordia, Dea del matrimonio armonioso
06 febbraio. Festa di Dioniso.Concordia, Dea del matrimonio armonioso
07 febbraio. Festa di Selene.
09 febbraio. Festa di Yamaja
13 febbraio. Febbraio Faunalia.
14 febbraio. Festa dell'amore. Febbraio Faunalia.
15 febbraio. Festa dei Lupercali
16 febbraio, Festa di Atena Nike.
17 febbraio. festa del Gatto
18 febbraio. Giorno del Frassino. Festa di Parentalia
21 febbraio. Festa di Feralia.
27 febbraio. Festa di Marte.



Feste Pagane Stregheria Italiana - Sabba: 
Candelora(Detta anche Inbolc):[Febbraio, 2] E' la prima delle 4 grandi feste del'anno.I primi sussurri della primavera, che rappresentano il ritorno della Dea, fertile e viva, che trionfa sul Dio della morte che ha purificato tutto col gelo dell'inverno. Arriva insieme al germogliare dei primi semi, ed e' un momento iniziatorio. Visto il valore agrario della festa, il cristianesimo non riusci a sradicarla del tutto, ma nemmeno ad assorbirla del tutto : ne nacque come risultato la festa pagana del carnevale, che comunque riusci' a nascondere la vera natura della festa.Celebra il risveglio della terra.
In questa notte si consacrano le candele che serviranno per i rituali magici durante l'anno, ma anche molto propizia per le benedizioni fatte con l'acqua.E' un'occasione di celebrazione, utile per tutti i rituali di natura costruttiva e volti ad aumentare la sensibilità e la veggenza.

Candelmas, o Imbolc, Omeilc o la cristiana aCandelora è una festa a metà tra il Solstizio d'inverno e l' Equinozio di primavera, è la festa che purifica e rigenera. Viene celebrata il 1 e il 2 di Febbraio, considerato un periodo di passaggio , tra i rigori dell' inverno e il risveglio della natura a primavera. Il nome Febbraio deriva da Februa, che erano i panni usati per raccogliere il sangue dei sacrifici, usati con funzione purificatrice. A Roma, infatti, si celebrava la festa di Giunone sospita (la salvatrice) e feburuata ( la purificatrice) era parte di una lunga cerimonia che iniziava con le onoranze rese alle tombe dei cari e le invocazioni dei Lari, seguite dai Lupercali per ricordare la lupa che aveva allevato Romolo e Remo.I Quirinali in onore del dio Quirino, i Fornaciari in onore della dea del pane e i Terminali in onore del dio Termine, che proteggeva i confini del territorio romano. I festeggiamenti duravano per tutto il mese.
Per i Celti Imbolc, il cui significato letterale è "nel grembo" (oppure latte) cadeva il primo del mese ed era una festa dedicata al triplice aspetto della dea Bride, che aveva un sacerdozio femminile con diciannove sacerdotesse e non accettava presenze maschili. La dea veniva anche soprannominata Belisma (la splendete) e le sacerdotesse custodivano il fuoco perpetuo, sacro alla dea. La sera si preparava il letto di Bride con paglia o con covini di grano dell' ultima mietitura; il giaciglio era cosparso dalle donne con latte e miele e si sdraiava poi la dea che veniva ingravidata dal dio per dare fertilità alla terra.
La cerimonia di Imbolc comprendeva una aspersione di acqua lustrale, che ripuliva il corpo dalle scorie accumulate nell' inverno e attirava energie positive. Era il rito del ritorno della luce, il primo segno che l'inverno stava per finire; nascevano gli agnelli, le pecore davano il latte, e qualche fiore comincia a sbocciare.
I cristiani traforarono Imbolc nella desta di Santa Brigida, che assunse le caratteristiche della già nota Bride: Badessa in un convento di Kildare in Irlanda aveva comandato di tenere sempre acceso il fuoco della gloria divina.
La candelora festa Cristiana del 2 Febbraio commemora il ritorno al Tempio di Maria dopo la nascita di Cristo.
Ogni donna dopo aver partorito era considerata impura per quaranta giorni; e doveva compiere una cerimonia di purificazione dopo la quale presentava il proprio figlio al Tempio.
Maria portò con se una candela, simbolo della luce che suo figlio avrebbe portato alla terra, e da qui rimase l'usanza di accendere le candele in quel giorno.


I riti della Candelora
Servono per purificarsi dalle scorie dell' inverno, foscamente ed emotivamente e per prepararsi alla rinascita della natura e della vita che esploderà in primavera


Rito della Triplice Luce
E' un rito di purificazione che si fa tra la mezzanotte del 1 e del 2 febbraio.
Sull altare sistemate a sinistra un mazzo di gigli bianchi a destra l'incensiere con incenso misto a petali rosa bianca. Al centro tre candela bianche disposte a triangolo con la punta in alto. Sotto le candele mettete un foglio con scritto cosa non vi è piaciuto dell' anno precedente e i problemi che avete avuto, dispiaceri frustrazioni ecc..e le cose non concluse.
Di fianco al foglio mettetene un altro rosso con scritte le cose che avreste voluto fare e non avete fatto, progetti e desideri, Fate molta attenzione ad essere precisi.
Al centro del tavolo mettete il calderone.
Fumigate con l'incenso poi accendete le tre candele partendo da quella in alto e proseguendo in senso orario
Concentratevi e dite:

Triplice luce dello Spirito,
illumina la mia mente e il mio cuore,
Davanti a te, ecco, sono io
(nome e cognome)
avvolta nelle tenebre del dolore,
ne veli dell'insicurezza e dell' ignoranza.
L'anno da poco finito mi ha portato questo:

Prendete ul foglio bianco e leggete, poi bruciatelo con la candela il alto, tenendolo il più possibile in mano e poi gettatelo nel calderone, intanto che bruci dite:

Io brucio sulla tua fiamma
tutto il dolore e gli errori del passato,
che il fuoco sacro purifichi
il mio corpo e il mio spirito
allontanando ogni male visibile e invisibile.

Prendete il foglio rosso:

Davanti a te Luce dello spirito
metto il mio futuro

Leggete ciò che avete scritto, e poi nello stesso modo bruciate il foglio dicendo:

Che la tua luce illumini i mie passi,
e mi guidi a un futuro radioso
Che il fuoco di queste candele
sia sempre acceso dentro di me
cosi sia.

Entro sette giorni buttate tutti gli avanzi del rito in acqua corrente.


Rituale della Benedizione di Bride
Mettete tre candele a troiangolo con la punta in alto verso di voi, a destra l'incensiere con incenso e petali di rosa, a sinistra mettete una coppa con del latte e un vaso con rose bianche.
Fumigate e accendete i ceri

Ogni giorno e ogni notte
Bride mi protegge
Nessuno mi potrà fare del male
nessuno mi potrà uccidere
nessuno mi trafiggerà con la spada
nessuno mi getterà in una cella
perché ogni giorno e ogni notte,
Bride mi protegge.
Nessuno mi spezzerà il cuore
nessuno mi darà dolore
nessuno mi angoscerà
nessuno ferirà la mia anima
perche ogni giorno e ogni notte,
Bride mi protegge.
Nessun fuoco mi brucerà
nessun acqua mi annegherà
nessuna brina mi gelerà
perche ogni giorno e ogni notte,
Bride mi protegge.
Bride mia compagna
Bride la mia Forza
Bride la mia guida.
Nella tenebra e nella luce
Bride la buona è con me,
ogni giorno e ogni notte,
Bride mi protegge.

Lasciate bruciare le candele entro tre giorni poi, buttate tutti gli avanzi del rito in acqua corrente.

- Rito per Omeilc
Un rituale che possono eseguire tutti, consiste nel procurarsi tre candele (sempre di colore bianco!), e disporle in un triangolo, con la punta rivolta verso nord. Nel centro del triangolo così disposto si pone un calice di acqua (simbolo della purificazione) o di latte (simbolo del nutrimento della nuova vita).
Dopo un breve rilassamento, seduti o in piedi, ci si muove verso la candela a nord, la si accende e si dice
“Signora dell’Inverno, ti dico addio, la tua stagione è terminata”.

Si visualizzi il gelido potere dell’inverno che si allontana. Dopo avere sostato un po’, ci si sposta alla candela di sud-est, la si accende e si dice
“Signora della Primavera, ti offro un caloroso benvenuto, la terra è il tuo letto”.

Si visualizzi il gioioso potere della primavera che si avvicina. Dopo un po’ si va alla candela di sud-ovest, la si accende e si dice
“Signora dell’Estate, presto io ti chiamerò e risveglierò il tuo amante”

Si visualizzi il potere ancora lontano della bella stagione, desideroso di nascere e pulsante di vita nel sottosuolo. Quando ci si sente pronti, si va al centro del triangolo, si raccoglie il calice e si dice
“Io bevo il potere della Triplice Dea. Possa questo potere diffondersi su tutta la terra per segnare la nascita della primavera”.

Si beve dal calice e si immagina il potere che fluisce in noi, attraverso di noi per risvegliare la Natura. A questo punto si può inserire qualche usanza ricordata in precedenza, cioè la fabbricazione del letto di Brigit o l’arsione delle decorazione vegetali delle feste invernali. Oppure si può semplicemente concludere la cerimonia andando a ciascuna delle candele, nell’ordine in cui sono state accese: si spengono dicendo mentalmente o ad alta voce “Va’ fuoco e caccia l’inverno, riscalda la terra e risveglia la primavera”. Ovviamente in tutti questi piccoli rituali le parole delle formule possono essere adattate e se lo desideriamo, possiamo utilizzare brevi frasi che noi stessi avremo composto, secondo le nostre capacità e la nostra sensibilità.


- 1 Febbraio Imbolc -Oimelag- Oimelc- Folcaim.
In questo giorno si benedicono sull'altare i semi che si andranno a piantare.
Tradizionalmente, chi può lascia una lampada accesa in ogni stanza della casa come simbolo della prossima rinascita del Dio.
Si decorano gli altari con germogli e piante novelle nel vaso.
E' l'antica festa del primo latte, in quanto in questo periodo nascono le prime pecore; il suo nome deriva da Oimelc, che significa "latte di pecora".
E' una stagione di purificazione e rinnovamento; in questo giorno è tradizione porre una scopa davanti alla porta di casa per simboleggiare lo spazzare via il vecchio e l'arrivo del nuovo.
Si accendono candele in tutte le stanze della casa e si spargono nei campi briciole di pane e formaggio come offerta alla natura.
CIBI TRADIZIONALI: semi di girasole, pane, latticini, muffins, semi di zucca, prodotti di latte, dolci alla frutta, cipolle, aglio, tisane di erbe, vino speziato, uvetta, patate, cavoli olive.
COLORI: bianco, verde, blu, rosa, giallo, rosso, marrone.
ERBE: alloro, basilico, angelica, mirtillo, iris, violette, primule, erica.
INCENSI: benzoino, vaniglia, cannella, mirra, violetta, basilico.


Festa di Brigid. 31 Gennaio
Brigit, Dea della Poesia, figlia del Grande Dio Dagda e controparte celtica di Athena-Minerva, è la conservatrice della tradizione perché, per gli antichi Celti, la poesia era un’arte sacra che trascendeva la semplice composizione di versi e diventava magia, rito, personificazione della memoria ancestrale delle popolazioni.
La capacità di lavorare i metalli era ritenuta anch’essa una professione magica e le figure di fabbri semi-divini si stagliano nelle mitologie non solo europee ma anche extra-europee; l’alchimia medievale fu l’ultima espressione tradizionale di questa concezione sacra della metallurgia.
Sotto l’egida di Brigit erano anche i misteri druidici della guarigione, e di questo sono testimonianza le numerose “sorgenti di Brigit”. Diffuse un po’ ovunque nelle Isole Britanniche, alcune di esse hanno preservato fino ad oggi numerose tradizioni circa le loro qualità guaritrici.
Ancora oggi, ai rami degli alberi che sorgono nelle loro vicinanze, i contadini appendono strisce di stoffa o nastri a indicare le malattie da cui vogliono essere guariti.
Sacri a Brigit erano la ruota del filatoio, la coppa e lo specchio. Lo specchio è strumento di divinazione e simboleggia l’immagine dell’Altro Mondo cui hanno accesso eroi e iniziati. La ruota del filatoio è il centro ruotante del cosmo, il volgere della Ruota dell’Anno e anche la ruota che fila i fili delle nostre vite. La coppa è il grembo della Dea da cui tutte le cose nascono.
Cristianizzata come Santa Bridget o Bride, come viene chiamata familiarmente in gaelico, essa venne ritenuta la miracolosa levatrice o madre adottiva di Gesù Cristo e la sua festa si celebra appunto l’1 febbraio, giorno di Santa Bridget o Là Fhéile Brfd.
Riguardo questa santa, di cui è tanto dubbia l’esistenza storica quanto certa la sua derivazione pagana, si diceva che avesse il potere di moltiplicare cibi e bevande per nutrire i poveri, potendo trasformare in birra perfino l’acqua in cui si lavava!
A Santa Bridget fu consacrato il monastero irlandese di Kildare, dove un fuoco in suo onore era mantenuto perpetuamente acceso da diciannove monache.
Ogni suora a turno vegliava sul fuoco per un’intera giornata di un ciclo di venti giorni; quando giungeva il turno della diciannovesima suora ella doveva pronunciare la formula rituale “Bridget proteggi il tuo fuoco. Questa è la tua notte”.
Il ventesimo giorno si diceva fosse la stessa Bridget a tenere miracolosamente acceso il fuoco. Il numero diciannove richiama il ciclo lunare metonico che si ripete identico ogni diciannove anni solari.

Inutile ricordare come questa usanza ricordasse il collegio delle Vestali che tenevano sempre acceso il sacro fuoco di vesta nell’antica Roma, ma più probabilmente la devozione delle suore di Kildare si ricollega alle Galliceniae, una leggendaria sorellanza di druidesse che sorvegliavano gelosamente il loro recinto sacro dall’intrusione degli uomini e i cui riti furono mantenuti attraverso molte generazioni.
Allo stesso modo, nel monastero di Kildare solo alle donne era concesso di entrare nel recinto dove bruciava il fuoco, che veniva tenuto acceso con mantici, come ricorda Geraldo di Cambria nel 120 secolo.
Il fuoco bruciò ininterrottamente dal tempo della leggendaria fondazione del santuario, nel VI secolo, fino al regno di Enrico VIII, quando la Riforma protestante pose fine a questa devozione più pagana che cattolica.
I riti di Brigit celebrati a Imbolc ci sono stati tramandati dal folklore scozzese e irlandese.

Nelle Isole Ebridi (che forse devono il loro nome proprio a Brigit o Bride) le donne dei villaggi si radunano insieme in qualche casa e fabbricano un’ immagine dell’antica Dea, la vestono di bianco e pongono un cristallo sulla posizione del cuore. In Scozia, la vigilia di Santa Bridget le donne vestono un fascio di spighe di avena con abiti femminili e lo depongono in una cesta, il “letto di Brid”, con a fianco un bastone di forma fallica. Poi esse gridano tre volte “Brid è venuta, Brid è benvenuta!”, indi lasciano bruciare torce e candele vicino al “letto” tutta la notte.
Se la mattina dopo trovano l’impronta del bastone nelle ceneri del focolare, ne traggono un presagio di prosperità per l’anno a venire. Il significato di questa usanza è chiaro: le donne preparano un luogo per accogliere la Dea e invitano allo stesso tempo il potere fecondante maschile a unirsi a lei.
Anche nell’isola di Man veniva compiuta una cerimonia simile, chiamata Laa’l Breesley.

Nell’Inghilterra del Nord, terra dell’antica Brigantia, la ricorrenza veniva denominata “Giorno delle Levatrici”.
In Irlanda, si preparano con giunchi e rametti le cosiddette croci di Brigit, a quattro bracci uguali racchiusi in un cerchio, cioè la figura della ruota solare (che è simbolo appropriato per una divinità del fuoco e della luce); lo stesso giorno vengono bruciate le croci preparate l’anno prima e conservate fino ad allora.La fabbricazione delle croci di Brigit deriva forse da un’antica usanza precristiana collegata alla preparazione dei semi di grano per la semina.

Questi oggetti simbolici, confezionati con materiale vegetale, ci ricordano tra l’altro che la luce ed il calore sono indispensabili alla vegetazione che si rinnova in continuazione, anno dopo anno.
Le spighe di avena (o grano, orzo, ecc.) usate per fabbricare le bambole di Brigit, provengono dall’ultimo covone del raccolto dell’anno precedente. Questo ultimo covone, in molte tradizioni europee è chiamato la Madre del Grano (o dell’Orzo, dell’Avena, ecc.) e la bambola propiziatoria confezionata con le sue spighe è la Fanciulla del Grano (o dell’Orzo, dell’Avena, ecc.).

Si credeva cioè che lo spirito del cereale o la stessa Dea del Grano risiedesse nell’ultimo covone mietuto: come le spighe del vecchio raccolto sono il seme di quello successivo, così la vecchia divinità dell’autunno e dell’inverno si trasformava nella giovane Dea della primavera, in quella infinita catena di immortalità che è il ciclo di nascita, morte e rinascita. E Brigit rappresenta appunto la giovane Dea della primavera.

Un antico codice irlandese, il Libro di Lismore, riporta una curiosa leggenda. Si narra che a Roma i ragazzi usavano giocare ad un gioco da tavolo in cui una vecchia megera liberava un drago mentre dall’altra parte una giovane fanciulla lasciava libero un agnello che sconfiggeva il drago. La megera allora scagliava un leone contro la fanciulla, la quale però provocava a sua volta una grandine che abbatteva il leone.
Papa Bonifacio, dopo aver interrogato i ragazzi e aver saputo che il gioco era stato insegnato loro dalla Sibilla, lo proibì.
La megera non è altro che la Vecchia Dea dell’Inverno sconfitta dalla Giovane Dea della Primavera. Essendo questa leggenda stata raccolta in un ambito culturale celtico, si può supporre che la Vecchia altri non era che la Cailleach a cui si contrappone Brigit. Il riferimento all’agnello è un altro simbolo del periodo di Imbolc, anche se i commentatori medievali lo considerarono l’emblema di Gesù Cristo.

In realtà è la Vecchia Dea che si rinnova trasformandosi in Giovane Dea, così come il Vecchio Grano diviene il nuovo raccolto. I Carmina Gadelica, una raccolta di miti, proverbi e poemi gaelici di Scozia, raccolti e trascritti alla fine dell’800 dal folklorista scozzese Alexander Carmichael, riportano la seguente filastrocca:

La mattina del Giorno di Bride
Il serpente uscirà fuori dalla tana
Non molesterò il serpente
Né il serpente molesterà me

Il serpente appare come uno degli animali-totem di Brigit. In molte culture il serpente o drago è simbolo dello spirito della terra e delle forze naturali di crescita, decadimento e rinnovamento.
Nel giorno di Bride il serpente si risveglia dal suo sonno invernale e i contadini ne traevano il presagio della fine imminente della cattiva stagione. Il serpente è uno dei molti aspetti dell’antica Dea della terra: la muta della sua pelle simboleggia il rinnovamento della Natura e anche la sua dualità Infatti in gaelico “neamh” (cielo) è simile a “naimh” (veleno), provenendo entrambi dalla radice “nem”.

La Vecchia Dea e la Giovane Dea sono la stessa persona! (nelle fiabe l’eroe che coraggiosamente bacia una vecchia megera si ritrova di fronte una bellissima fanciulla...)

Brigid è la patrona della Candelora, festa solare di Fuoco, celebrata anche sotto il nome di Imbolc.
La Dea - che era contemporaneamente la protettrice dei fabbri, dei poeti e dei guaritori - rappresenta:
• il fuoco dell’ispirazione come patrona della poesia
• il fuoco del focolare, come patrona della guarigione e fertilità’
• il fuoco della forgia, come patrona dei fabbri e delle arti marziali.


- 2 febbraio Candlemas- Festival delle luci.
Si accednono fuochi sacri in onore della Dea Bride e vi si danza intorno; si prendono dei tizzoni da portare a casa per propiziare la buona sorte.
Gli inglesi osservano il tempo atmosferico di questo giorno per predire il tempo futuro:
"se il giorno di candlemas porta neve e pioggia l'inverno se ne è andato e non tornerà;
se il giorno di candlemas sarà chiaro e luminoso l'inverno avrà un altro flight"
E gli Scozzesi osservano i venti:
"se il vento di questa notte soffia da sud presagisce calore e crescita; se da ovest molto latte e pesci in mare; se da nord vi saranno molta neve e molto freddo; se da est, gli alberi avranno molti frutti; se da nord-est, fuggite, uomini, donne ed animali


- 5-6 Febbraio Concordia, Dea del matrimonio armonioso.
"Raggiante Concordia, risiedi sempre in questo matrimonio e cosi, convenientemente unita in matrimonio, possa Venere sempre benedire con figli questa coppia" Marziale, IV. 13.7-8


- 6 gennaio Festa di Dionisio
NASCITA DI DIONISO
Come per molti altri dei, la maggior parte dei racconti relativi a Dioniso riguarda la nascita e l'infanzia del dio. La versione più nota del mito presenta la nascita di Dioniso da Zeus e da Semele, figlia del re di Tebe, Cadmo. Poiché Zeus aveva promesso alla amata Semele di esaudire ogni suo desiderio, la sposa di Zeus, Era, gelosa di Semele, la indusse perfidamente a chiedere al suo divino amante di mostrarsi a lei in tutto il suo splendore. Per accontentarla Zeus comparve circondato di lampi e folgori, che inceneriscono Semele e il suo palazzo a Tebe. Zeus salvò però il feto di Dioniso, frutto del suo amore con Semele e, per evitare le insidie della gelosa Era, lo cucì nella sua coscia fino al giorno stabilito per la nascita.

Non è da escludere che le componenti di questo mito siano parte di un nucleo pre-dionisiaco in riferimento alla divinità da cui il Dioniso ellenizzato è derivato. La stessa coppia Semele-Dioniso, se si accetta l'ipotesi che in origine fosse quella formata da una dea-madre e da un dio-figlio, potrebbe essere il risultato di una associazione realizzatasi in tutto un insieme di antichi culti pre-ellenici o anatolici. Il nome di Semele appartiene infatti a una lingua non greca e si riferisce a una dea-terra madre di un figlio divino. Anche in epoca tarda Dioniso sarà spesso designato con l'appellativo di concepito nel fuoco o di nato nel fuoco, con riferimento alla folgore di Zeus: la prima parte del suo nome sembra infatti rinviare a una filiazione da parte del dio celeste indoeuropeo.
Tali informazioni andrebbero dunque a costituire un mito naturalistico elementare assai plausibile. Questa componente naturalistica è però assente dalla figura della madre Semele che, al pari di altre donne mortali, è amata da Zeus. La sua folgorazione accentua la natura divina di Dioniso: Zeus gli fa infatti da seconda madre e il figlio di Semele giunge a compimento nella coscia del padre di cui sarà una promanazione diretta. Il carattere eccezionale della filiazione sembra tuttavia soprattutto rispondere alla preoccupazione di elevare il nuovo dio nella discendenza da Zeus, preoccupazione forse dovuta all'antagonismo tra culti di giovani dei alla ricerca di una legittimazione. Il racconto è inoltre da riferirsi al periodo dell'introduzione di una concezione patriarcale nel mondo greco per cui gli dei nati da dee-madri di stampo asiatico vengono elevati sull'Olimpo in nome di una parentela più o meno diretta con il grande dio degli Elleni.

La nascita di Dioniso da una donna mortale rende certamente più suggestiva la sua figura in quanto lo presenta come un immortale che pur restando tale partecipa dell'umanità. Egli frequenta continuamente i mortali ai quali infonde il sentimento della sua presenza reale e non si abbassa sino a loro, ma piuttosto li innalza sino a sé; tutto il racconto costituisce inoltre un motivo atto a suscitare emozioni nelle donne che vedevano il figlio di una di loro elevato al grado di divinità.
Se il nome di Dioniso è poco familiare oggi, molto popolare è invece quello di Bacco. Negli autori greci questo termine è soltanto un epiteto del dio, estraneo tuttavia alla visione moderna e tardoantica di Dioniso come dio del vino.
L'appellativo è comune al dio e ai suoi fedeli, i baccanti, che non l'hanno però assunto considerandosi una momentanea incarnazione del dio, bensì è Dioniso stesso che lo ha tratto dai suoi seguaci. Egli è insomma il baccante per eccellenza e del resto il termine bacchos è inscindibile dal verbo baccheuein che designa un comportamento particolare, una sorta di trance religiosa, anche in riferimento a culti estranei al dionisismo.

Il mito dionisiaco
Dopo la nascita dalla coscia di Zeus, Dioniso viene allevato dalla zia materna Ino e dalle ninfe della valle di Nisa. Divenuto adulto, egli percorre il mondo insegnando agli uomini la viticultura e istituendo ovunque il suo culto, che viene spesso avversato con l'accusa di seminare disordine e immoralità. Nella stessa Tebe, sua patria, Dioniso è perseguitato dal re Penteo, che ne vieta il culto, praticato soprattutto in orge notturne nelle quali i seguaci e soprattutto le donne, dette Menadi (cioè "folli"), svolgono cerimonie sui monti, agitando fiaccole e tirsi in preda a una eccitazione collettiva nel corso della quale cercano la comunione con il dio a contatto con la natura e divorando carni crude di cerbiatti dilaniati. Ma la forza del dio è irresistibile e il suo avversario Penteo viene ucciso dalla madre stessa.
Le forme del culto lo presentano come un dio mediterraneo della natura e della vegetazione, dio della vita e della morte, che impone il suo culto con una potenza terribile, nella quale trovano sublimazione gli impulsi segreti della psiche umana, che chiedono una forma periodica di liberazione perché l'uomo possa attingere la felicità nella comunione mistica con il dio della natura.


9 Febbraio Festa di Yemaja
Nella mitologia yoruba, e nei culti correlati afroamericani come il Candomblé e il Vodun, Yemaja è la madre di tutti gli Orisha. A seconda della tradizione, viene indicata anche come Imanja, Jemanja, Yemalla, Yemana, Yemanja, Yemaya, Yemayah, Yemoja, Ymoja e in altre varianti. È la regina del mare; si invoca per protezione (in particolar modo delle donne incinte), purificazione e aiuto in generale, chiedendone la manifestazione nel suo aspetto più materno; un altro aspetto di Yemaja, quello distruttore, è simboleggiato dal mare in tempesta.

La tradizione narra che Yemaja sia nata dalla spuma del mare, come (Venere); la sua figura si può far corrispondere a quella generale della "Grande Madre", propria di numerose tradizioni.

Ha insegnato l'amore a tutti gli Orisha, è sposata con Babalú Ayé. Tra le caratteristiche che la contraddistinguono vi sono la passione per la caccia, l'astuzia, l'indomabilità, la collera, la severità, l'allegria. Le sono associati i colori bianco e blu e il sabato; nei sincretismi viene identificata con la Vergine della Regola. I suoi fedeli, prima di pronunciare il suo nome, devono toccare con i polpastrelli la polvere della terra.

Tra i suoi attributi vi sono la luna e il sole, l'ancora, il salvagente, le scialuppe. Veste abitualmente con una lunga veste azzurra con serpentine simboleggianti il mare e la spuma e regge un ventaglio adornato con conchiglie.

Dea madre e patrona delle donne, specialmente di quelle in gravidanza, è patrona anche del fiume Ogun, le cui acque si dice che riescano a curare l'infertilità. I suoi genitori sono Oduduwa e Obatala. Suo figlio Orungan la violentò una volta e ci riprovò una seconda; per impedire questa violenza, Yemaja esplose dal proprio ventre quindici Orisha, inclusi Ogun, Olokun, Shopona e Shango.

Tra gli Umbanditi, Yemaja è la dea dell'Oceano e dea patrona dei sopravvissuti ai naufragi.

madre della vita, signora del mare, fonte fondamentale di vita. Le piace cacciare e maneggiare il machete, è indomabile e astuta, i suoi castighi sono duri e la sua collera terribile, ma giustiziera, ma è anche madre dolce che ascolta le richieste dei suoi figli e si preoccupa per il loro sostentamento. I suoi colori sono il blu e il bianco, veste con sette gonne sovrapposte, un corpetto blu con serpentine bianche e una cinta con un rombo che copre l’ombelico. Nel suo cammino di Yembò e di Odduà nascono tutti gli Orisha. E' madre della vita, per questo governa le acque e rappresenta il mare.

Yemayà è colei che crea e, quando una donna è incinta, fa le rogaciòn e prega lei, perchè la creatura nasca bene. In Yemayà nasce l'amore, non a caso lo ha insegnato a tutti gli Orisha. E' stata moglie di Babalù Ayé, di Agallù, di Orula e di Oggùn.

E' più importante di Oya, che rappresenta l'aria, perchè questa arriva dagli oceani, dai mari. E' indomabile e astuta. I suoi castighi sono duri, la sua collera terribile, però sempre agisce con giustizia. Ama la buona compagnia; è una buona madre, allegra e sanguigna.

Chi è consacrato a lei non può pronunciarne il nome prima di aver toccato terra con i polpastrelli delle dita e baciato in loro l'impronta della polvere. Tra i suoi attributi ci sono la luna e il sole, l'ancora, i salvagente, le scialuppe e altri oggetti lavorati in argento, acciaio, latta e piombo. C'è un'apposita campanellla per salutarla e per attirare la sua attenzione. La sua collana è fatta da cristalli azzurri e indossa una lunga veste dello stesso colore con serpentine azzurre e bianche, simbolo del mare e della spuma. In mano generalmente tiene un ventaglio in oro e madreperla, adornato con perline e conchiglie. Nel ballo si annuncia con una risata fragorosa e poi gira come le onde o i mulinelli dell'oceano. A volte rema, mentre altre sembra che nuoti, ma sempre inizia piano piano per aumentare l'intensità del ritmo come per le ondate minacciose. Protegge le persone che hanno problemi al ventre, soprattutto se derivati dall'acqua (dolce, salata, pioggia, umidità, ecc.).
Insieme a Changò e a Ochun è tra le preferite dai cubani. Viene sincretizzata con la Vergine di Regla, la patrona della Baia dell'Avana.


15 Febbraio festa dei Lupercali
I Lupercali (in latino: Lupercalia) erano una festività romana che si celebrava nei giorni nefasti di febbraio, mese purificatorio (il 15 febbraio), in onore del dio Fauno nella sua accezione di Luperco (in latino Lupercus), cioè protettore del bestiame ovino e caprino dall'attacco dei lupi. Secondo Plutarco sembra fossero dei riti di purificazione.

Secondo un'altra ipotesi, avanzata da Dionisio di Alicarnasso, i Lupercalia ricordano il miracoloso allattamento dei due gemelli Romolo e Remo da parte di una lupa che da poco aveva partorito; Plutarco dà una descrizione minuziosa dei Lupercalia nelle sue Vite parallele. I Lupercalia venivano celebrati nella grotta chiamata appunto Lupercale, sul colle romano del Palatino dove, secondo la leggenda, i fondatori di Roma, Romolo e Remo sarebbero cresciuti allattati da una lupa.

Storia 
Le origini della festa sono avvolte nella leggenda: secondo Dionisio di Alicarnasso e Plutarco, i Lupercali potrebbero essere stati istituiti da Evandro, che aveva recuperato un rito arcade. Tale rito consisteva in una corsa a piedi degli abitanti del Palatino (allora chiamato Pallanzio, dalla città dell'Arcadia di Pallanteo), senza abiti e con le pudenda coperte dalle pelli degli animali sacrificati, tutto in onore di Pan Liceo ("dei lupi").

Secondo una leggenda narrata da Ovidio, al tempo di re Romolo vi sarebbe stato un prolungato periodo di sterilità nelle donne. Donne e uomini si recarono perciò in processione fino al bosco sacro di Giunone, ai piedi dell'Esquilino, e qui si prostrarono in atteggiamento di supplica. Attraverso lo stormire delle fronde, la dea rispose che le donne dovevano essere penetrate (inito, che rimanda a Inuus, altro nome di Fauno) da un sacro caprone sgomentando le donne, ma un augure etrusco interpretò l'oracolo nel giusto senso sacrificando un capro e tagliando dalla sua pelle delle strisce con cui colpì la schiena delle donne e dopo dieci mesi lunari le donne partorirono.

I Lupercalia furono una delle ultime feste romane ad essere abolite dai cristiani. In una lettera di papa Gelasio I si riferisce che a Roma durante il suo pontificato (quindi negli anni fra il 492 e il 496) si tenevano ancora i Lupercali, sebbene ormai la popolazione fosse da tempo, almeno nominalmente, cristiana. Nel 495 Gelasio scrisse questa lettera (in realtà un vero e proprio trattato confutatorio) ad Andromaco, l'allora princeps Senatus, rimproverandolo della partecipazione dei cristiani alla festa. Si ignora se la festa sia stata abolita quell'anno, come riteneva il cardinale Cesare Baronio, o se sia sopravvissuta per qualche tempo ancora. William Green riteneva che probabilmente il significato religioso della festa fosse andato perduto (del resto era già trascorso un secolo dalla proibizione dei culti romani decretata per legge da Teodosio I) e che ormai avesse un carattere puramente folklorico. Più tardi, nel VII secolo, venne istituita la festa della Candelora e collocata al 2 febbraio.

Tra le cerimonie pagane romane che Giacomo Boni mise in programma per il primo anniversario della marcia su Roma, ci fu anche il ripristino delle corse dei Lupercalia, inaugurate con l'esplorazione dell'antro celeberrimo, scrive Boni.

Celebrazione
La festa era celebrata da giovani sacerdoti chiamati Luperci, seminudi con le membra spalmate di grasso e una maschera di fango sulla faccia; soltanto intorno alle anche portavano una pelle di capra ricavata dalle vittime sacrificate nel Lupercale.

I Luperci, diretti da un unico magister, erano divisi in due schiere di dodici membri ciascuna chiamate Luperci Fabiani ("dei Fabii") e Luperci Quinziali (Quinctiales, "dei Quinctii"), ai quali per un breve periodo Gaio Giulio Cesare aggiunse una terza schiera chiamata Luperci Iulii, in onore di se stesso. Secondo Dumézil è probabile che in origine le due schiere fossero formate dai membri delle gentes dalle quali prendono il nome (cioè i Fabii e i Quinctii). Secondo Mommsen un indizio potrebbe essere il fatto che il nome Kaeso si trova soltanto tra i membri di quelle due gentes e sarebbe collegato al februis caedere, cioè al tagliare (caedere) le strisce (februa) dalla pelle delle capre sacrificate.

Sulla base di alcuni passi di Livio, si è ritenuto generalmente che i luperci Fabiani fossero originari del Quirinale e i Quinziali del Palatino, ma ciò è contestata da Dumézil, per il quale non ci sono sufficienti motivi per trarre questa deduzione, anche perché i riti dei Lupercalia sono strettamente legati soltanto al colle Palatino e non anche al Quirinale.

In età repubblicana i Luperci erano scelti fra i giovani patrizi ma da Augusto in poi la cosa fu ritenuta sconveniente per loro e ne fecero parte solo giovani appartenenti all'ordine equestre.

Plutarco riferisce nella vita di Romolo che il giorno dei Lupercalia, venivano iniziati due nuovi luperci (uno per i Luperci Fabiani e uno per i Luperci Quinziali) nella grotta del Lupercale; dopo il sacrificio di capre (si ignora se una o più di una, se di genere maschile o femminile: secondo Quilici un capro) e, pare, di un cane(che per Dumézil è cosa normale se i Luperci sono "quelli che cacciano i lupi"), i due nuovi adepti venivano segnati sulla fronte intingendo il coltello sacrificale nel sangue delle capre appena sacrificate. Il sangue veniva quindi asciugato con lana bianca intinta nel latte di capra, al che i due ragazzi dovevano ridere.

Questa cerimonia è stata interpretata come un atto di morte e rinascita rituale, nel quale la "segnatura" con il coltello insanguinato rappresenta la morte della precedente condizione "profana", mentre la pulitura con il latte (nutrimento del neonato) e la risata rappresentano invece la rinascita alla nuova condizione sacerdotale.

Venivano poi fatte loro indossare le pelli delle capre sacrificate, dalle quali venivano tagliate delle strisce, le februa o amiculum Iunonis, da usare come fruste. Dopo un pasto abbondante, tutti i luperci, compresi i due nuovi iniziati, dovevano poi correre intorno al colle saltando e colpendo con queste fruste sia il suolo per favorirne la fertilità sia chiunque incontrassero, ed in particolare le donne, le quali per ottenere la fecondità in origine offrivano volontariamente il ventre, ma al tempo di Giovenaleai colpi di frusta tendevano semplicemente le palme delle mani.

In questa seconda parte della festa i luperci erano essi stessi contemporaneamente capri e lupi: erano capri quando infondevano la fertilità dell'animale (considerato sessualmente potente) alla terra e alle donne attraverso la frusta, mentre erano lupi nel loro percorso intorno al Palatino. Secondo Quilici, la corsa intorno al colle doveva essere intesa come un invisibile recinto magico creato dagli scongiuri dei pastori primitivi a protezione delle loro greggi dall'attacco dei lupi; la stessa offerta del capro avrebbe dovuto placare la fama dei lupi assalitori. Tale pratica inoltre non doveva essere stata limitata al solo Palatino ma in epoca preurbana doveva essere stata comune a tutte le località della zona, ovunque si fosse praticato l'allevamento ovino.

C'è incertezza sull'etimologia delle parole Lupercalia, Luperci e Lupercus, anche se la base è sicuramente costituita dalla parola lupus ("lupo"). Secondo Ludwig Preller, Georg Wissowa
e Ludwig Deubner si tratterebbe di un composto formato dalle parole lupus e arcere ("cacciare"); secondo Theodor Mommsen, Henri Jordan e Walter Otto invece, potrebbe essere un derivato sul tipo della parola latina noverca ("matrigna") da suddividere in nou-er-ca, anche perché nella celebrazione dei Lupercalia niente sembra far pensare a qualcosa rivolto contro i lupi. Émile Benveniste però, ritiene che la parola noverca vada suddivisa in *nou-er+ca- (cfr. gr. nearós, arm. nor), rendendo più difficoltoso il confronto con lupercus. Secondo Jens S. Th. Hanssen, invece, Lupercalia sarebbe una retroformazione dalla parola luperca, a sua volta diminutivo di lupa, con una possibile influenza del nome di famiglia Mamerci, mentre per Joachim Gruber l'origine si troverebbe in un ipotetico antico composto *lupo-sequos ("che è inseguito dai lupi").

Secondo Karl Kerényi il carattere dei Luperci farebbe pensare alla sovrapposizione in loro di due rappresentazioni opposte: da una parte quella del lupo che sarebbe originaria e proveniente dal nord Europa, dall'altra il capro, successivo e proveniente dal sud. Per Andreas Alföldi i Luperci sarebbero un relitto del "Männerbund" che avrebbe fondato Roma. Secondo Dumézil, invece, i Luperci rappresentavano gli spiriti divini della natura selvaggia subordinati a Fauno. Nel giorno dei Lupercalia, infatti, l'ordine umano regolato dalle leggi si interrompeva e nella comunità faceva irruzione il caos delle origini, che normalmente risiede nelle selve.

Secondo Dumézil, i Lupercali avrebbero avuto in origine anche la funzione di conferma della regalità adducendo come indizi alcuni passi compiuti da Cesare nel suo piano di restaurazione della monarchia a Roma. Egli infatti istituì una terza schiera di Luperci che intitolò a sé stesso (i Luperci Iulii) e inscenò un tentativo di incoronazione durante i Lupercali dell'anno 44 a.C., facendosi offrire una corona intrecciata d'alloro da Marco Antonio che era uno dei Luperci; viste le reazioni del pubblico, Cesare rifiutò la corona e la fece portare come offerta al tempio di Giove in Campidoglio. In particolare l'atto di Marco Antonio che esce dal gruppo dei Lupercali e, nudo, balza sui rostri per incoronare Cesare, potrebbe essere, sempre secondo Dumézil, la riproposizione di una scena antica all'epoca ancora viva nella memoria popolare.


16 Febbraio festa di Nike- Atena
Atena, identificata con l’appellativo di Pallade, era figlia di Zeus e Metide (“il saggio consiglio”), divinità dalla quale sarebbero nati solo figli accorti e saggi come la madre.

Gea e Urano predissero a Zeus che dalla sua consorte, Metide, sarebbe nato un erede più saggio di lui che l’avrebbe spodestato... quindi impaurito dalla profezia ingoiò sua moglie e la tenne nascosta nelle proprie viscere affinché il futuro figlio avesse potuto portare saggi consigli dall’interno soltanto a lui.

La nascita di Atena è raccontata in tre versione diverse, ma simili nella loro natura, ovvero ella nacque dalla testa di Zeus.
Nella prima versione del mito (nell’ordine in cui la racconto non in ordine storiografico) Esiodo nella Teogonia dice che Atena apparve fuori dalla testa di Zeus armata di tutto punto lanciando un terribile urlo di guerra.
In una seconda versione, pur nascendo sempre dalla medesima parte del corpo del padre, poiché data alla luce nei pressi del fiume Tritone ebbe l’appellativo di Tritogenia.
Nella terza versione del mito si narra che Efesto, o Prometeo, aprirono con un colpo d’ascia la testa di Zeus, dalla quale apparve la dea Atena sempre con la sua armatura, ma terribile a vedersi.

Dopo la nascita Atena fu allevata dal dio fluviale Tritone, il quale aveva una figlia, Pallante, e si allenava con lei nell’arte delle armi. Durante uno di questi combattimenti Atena era in procinto di essere ferita da Pallante e Zeus, accortosi del pericolo, intervenne frapponendo fra le duellanti la sua egida, ovvero la pelle di capra che suscitava terrore. L’amica di Atena, spaventata, venne colpita da quest’ultima e morì. Disperata per la morte di Pallante, Atena ne fece una statua che la riproduceva, il Palladio, e la pose di fianco alla statua di Zeus.

Atena è rappresentate come una dea Vergine: infatti, dopo la sua nascita, Zeus la promise ad Efesto, ma quest’ultima la prima notte di nozze sparì dal talamo nuziale e il seme di Efesto sparso in terra generò Erittonio, che venne poi preso sotto l’egida della dea.

Tra i suoi spasimanti si annovera anche l’indovino Tiresia che divenne cieco quando la scorse nuda al bagno.

Poichè figlia della divintà più potente e di quella più saggia, in lei furono riconosciuti e fusi entrambi i poteri. Protettrice delle leggi e dello Stato; Atena è quindi una divinità guerriera. Si dice avesse inventato il carro da guerra insieme al flauto. Ma un giorno, mentre suonava lo strumento, si specchiò in un lago e spaventata dal suo aspetto deforme a causa delle smorfie provocate nel suonare lo stesso, lo gettò via e il medesimo venne raccolto da Marsia, un fauno.
Poiché il Capricorno è associato anche al mito di Pan, il quale creò l’omonimo flauto, cogliamo una analogia di significato rispetto all’aspetto esteriore non gradevole per entrambi i rappresentanti del segno.

Restando sempre nell’ambito della divinità guerriera, è da ricordare che sullo scudo di Atena era rappresentata la testa della Gorgonie Medusa, che aveva il potere di pietrificare chiunque la guardasse in volto. Quest’ultima fu uccisa da Perseo.
Un altro racconto mitico legato ad Atena è quello in cui Poseidone e la dea si contesero il predominio sull’Attica. Per porre fine alla contesa gli dei decisero che chi avrebbe regalato agli uomini il dono più prezioso sarebbe stato protettore dell'Attica. Poseidone, dopo aver colpito con il suo tridente una pietra, ne fece scaturire una fonte di acqua salata, Atena, invece, fece nascere un ulivo sull'Acropoli. La sfida fu vinta da Atena.





Fonte e Ringraziamenti
lilithcry per festività di febbraiocon Magia pagana, elfi edizioni
Feste Pagane, di Roberto Fattore per Festa di Brigid
www.ilcalderonemagico.it

Giorni della Merla.29-30-31 Gennaio


Giorni della Merla.29-30-31 Gennaio


.. e veggendo la caccia,
letizia presi a tutte altre dispari,
tanto ch'io volsi in sù l'ardita faccia,
gridando a Dio: "Ormai più non ti temo!"
come fé il merlo per poca bonaccia...
Sapia senese
in Dante, Purgatorio, XIII, 119 - 123



Racconta la leggenda che un tempo i merli erano tutti bianchi: così comincia la leggenda della Merla che, nelle sue varie versioni, segnala uno dei dì d'la marca, dei giorni di marca, giorni indicanti alla comunità rurale la posizione all'interno della Ruota dell'Anno.
Particolarmente diffusa nella Pianura Padana, lungo il Po, la leggenda del merlo appare anche in una citazione dantesca sempre in riferimento alla morale della leggenda che vede l'uccello ingannato dal clima rigido di gennaio.



Il merlo, Turdus merula, è un uccello che in Italia tende a non migrare rimanendo in loco per tutto l'inverno.
Anticipando le prime avvisaglie di primavera, il canto del merlo può essere ingannatorio: non sempre infatti segnala che il caldo si stia realmente avvicinando.
Un proverbio romagnolo infatti ricorda: Merlo, di marzo non cantare, che il becco ti si potrebbe ghiacciare. Lascia che canti la tordella, che lei non ha paura di nessuno (Mèral, ‘d mêrz no’ cantê’, che e’ bëc u t’ s’ po’ agiazê. Lëssa ch’e’ chénta e’ ragiôn che lo u n’ha pavura d’inciôn).
A Bologna dicono Quand canta al mérel, a san fóra dl’invéren (Quando canta il merlo, siamo fuori dell’inverno).
I giorni della merla sono, secondo la tradizione, gli ultimi tre giorni di gennaio: il 29, il 30 e il 31 (benché per alcuni siano il 30 e 31 gennaio e il 1° febbraio).
Sono considerati i giorni più freddi dell'inverno, ma nell'eventualità che non fossero proprio freddi indicherebbero in quest'occasione che la Primavera arriverà tardi.
In questo senso ricordano molto l'uso della fase della luna e l'uscita dell'orso dalla tana come metodi per prevedere il clima: previsione che va fatta pochi giorni dopo ai Giorni della Merla, ovvero alla Candelora.

LE LEGGENDE

IL MERLO BEFFATO
Durante un qualsiasi mese di Gennaio, quando ancora durava 28 giorni, un Merlo sopravvisse al rigido freddo invernale e giungendo indenne alla fine del mese pensò di aver superato le asperità di Gennaio: così uscì baldanzoso dal nido cantando: "Più non ti curo Domine, che uscito son dal verno!".
Gennaio si risentì talmente tanto, permaloso com'era, che si allungò prendendo in prestito tre giorni a Febbraio e scatenando bufere di neve.
Il Merlo si rifugiò allora in un camino dove restò al riparo per quei tre giorni. Quando ne uscì era nero nero e così rimasero tutti i merli e le merle del mondo.

LA BIANCA MERLA
Ai tempi in cui Gennaio aveva 28 giorni ed i merli erano bianchi, una Merla coi suoi piccoli veniva continuamente strapazzata dal freddo che il mese sadicamente le mandava addosso ogni volta che lei tentava di uscire dal nido per procacciarsi del cibo. Stanca di questo trattamento un inverno la Merla fece sufficienti provviste per giungere alla fine del mese. Proprio in quell'ultimo giorno, pensando di aver ingannato il gelo l'uccello uscì dal suo nido a cantar vittoria.
Gennaio permaloso per vendicarsi prese in prestito tre giorni a Febbraio e sferzò gelo e neve tanto che la Merla ed i suoi piccoli per salvarsi dovettero rifugiarsi in un caldo comignolo. Quando ne uscirono erano neri di fuliggine, ma per la gratitudine di essere salvi rimasero neri per ogni generazione futura.

MERLO E MERLA
Una coppia di merli soffrivano la fame a causa del freddo Gennaio, il maschio vedendo la sua compagna giunta allo stremo delle forze decise di uscirre dal nido in cerca di cibo.
La ricerca nel freddo del mese fu così dura che tornò dopo tre giorni ma la Merla, per stare al caldo, si era rifugiata nella canna di un camino. Quando il merlo la incontrò vide solo un uccello nero nero e non la riconobbe: così ripartì per cercarla. Lei morì di fame e di stenti.

MERLO E MERLA: GIOVANI SPOSI
Merlo e Merla sono due giovani sposi che, sposandosi come di tradizione nel paese della sposa che si trovava oltre il Po, sono costretti ad attraversare il fiume per giungere di ritorno nella loro casa.
Dopo aver atteso ben tre giorni dai parenti in attesa che le condizioni climatiche migliorassero e visto che non vi era nessun cenno di miglioramento, decisero di attraversare a piedi il fiume che, dato il gran freddo, era ghiacciato.
Purtroppo Merlo nell'attraversamento del fiume, morì poiché la lastra di ghiaccio non resse il suo peso. Merla pianse così tanto di dolore che il suo lamento si sente ancora oggi lungo le acque del Po nelle notti di fine Gennaio.
Ancora oggi, in ricordo di questo triste episodio, le giovani in età da marito si recano sulle rive del fiume nei tre giorni della Merla per ballare e cantare una canzone propiziatoria il cui ritornello dice: «E di sera e di mattina la sua Merla poverina piange il Merlo e piangerà».

MERLO E MERLA AL BALLO
Merlo e Merla erano due giovani allegri che amavano andare a ballare nelle serate invernali. In una di queste, per guadagnare tempo, decisero di attraversare il fiume. Ma la lastra di ghiaccio che ricopriva il Po non resse il loro peso e si ruppe.
Caddero così nelle acque gelide dove perirono. Unica testimone della loro morte fu una merla che per tre giorni, gli ultimi di gennaio, cinguettò sui passanti per chiedere aiuto.
Al terzo giorno il sole sciolse il ghiaccio ed il fiume restituì i cadaveri dei due ragazzi e sul quel luogo sbocciarono splendidi fiori.

MERLA: LA FANCIULLA SBADATA
Merla era una fanciulla bella e semplice ma con la passione della danza. Così nelle lunghe notti d'inverno adorava andare a ballare nelle cascine dove si suonava per passare la lunga stagione invernale.
Una di queste sere per recarsi ad un ballo, Merla attraversò di corsa una lastra di ghiaccio che copriva il Po. Il ghiaccio non resse il peso e la giovane fanciulla cadde nell'acqua scomparendo.
I suoi amici la cercarono per tre giorni, gli ultimi di Gennaio, senza mai più trovarla.

IL DUCA DI GONZAGA O NAPOLEONE?
Uno dei duchi Gonzaga (ma che in alcune versioni è Napoleone) doveva attraversare il Po.
Volendo fare un riposino avvertì il suo servo, alla guida del carro, di avvisarlo quando sarebbero giunti al fiume.
Il servo, arrivato sulle sponde del Po, vide che il freddo intenso degli ultimi giorni ne aveva ghiacciato le acque. Pensando di fare cosa gradita al duca incitò la sua cavalla, chiamata la Merla, a passare col carro sulla lastra ghiacciata.
Siccome la traversata sul ghiaccio sarebbe stata agevole, non ritenne necessario svegliare il suo padrone.
Quando il Gonzaga si svegliò il servo gli disse trionfante che "la Mèrla l'ha passà al Po" (La Merla ha passato il Po).
Il duca montò su tutte le furie perché il servo non aveva obbedito ai suoi ordini e arrivato a destinazione lo fece impiccare.


Come si può notare il mito è andato a modificarsi lungo il tempo e potremmo ben sostenere che la versione più antica sia la prima, quella del merlo che sbeffeggia Gennaio, visto che è riportata da Dante nel Purgatorio (vedi citazione iniziale).
In effetti nel calendario romano il mese di Gennaio aveva veramente solo 28 o 29 giorni (a seconda dei ritocchi) sin dai tempi di Numa Pompilio e della sua riforma del 713 a. C. quando il calendario a Roma divenne da lunare a luni-solare (e furono inseriti i mesi di Gennaio e Febbraio).
Fu poi nel 46 a. C. che Gennaio prese "in prestito" i tre giorni a Febbraio, grazie all'introduzione del calendario giuliano che rendeva il computo dei giorni decisamente e definitivamente solare.
Questa indicazione ci fa notare come il mito fiabesco continui a tramandare un passaggio, culturalmente molto significativo, che ha segnato il cambiamento tra due culture: una lunare (e matrilineare o matrifocale del tardo Paleolitico - Neolitico) e l'altra solare (patrilineare e patriarcale).
Un secondo indizio che scaturisce dalla storia ci porta alla morale: nel linguaggio popolare dare del merlo a qualcuno significa considerarlo uno sprovveduto e un sempliciotto, tanto ingenuo da cantar vittoria prima del tempo.
Ma la fiaba del Merlo o della Merla pare essere strettamente legata alla cultura contadina del Po: ragazze o ragazzi che, ingenui come merli, perdono la vita nel loro tentativo di attraversare il fiume ghiacciato.
Le fiabe, così come i miti, servivano a tramandare oralmente il sapere del popolo, sapere strettamente legato al luogo nel quale la comunità viveva.
Purtroppo la gente del Po è sparita, divorata dall'industrializzazione dell'ultimo mezzo secolo, ed il fiume ha perso così le sue fate e gli spiriti di splendide fanciulle che, come narravano gli anziani, ne custodivano le acque.
Perdere la vita sul fiume non era un evento insolito: i fiori che germogliano accanto alle vittime, anche se solo in senso simbolico, rimangono ad indicare quella continuità, quella catena Vita - Morte - Vita che tutte le culture tradizionali hanno sempre considerato la chiave di lettura fondamentale per interpretare il senso dell'esistenza.
Della cultura rurale e dello storico passato non rimane che il ricordo di un detto che perde di significato a meno che non decidiamo di guardar fuori dalle nostre finestre e scoprire se la Merla canta, se la giornata è scura e se il Po è gelato.
Di sicuro rimane il beffardo Gennaio che, a tutt'oggi, non ha ancora restituito quei tre giorni!

Giorni della Merla ©2009 Testo e ricerca di Micaela Balice per www.strie.it

domenica 20 gennaio 2013

Modern Witch League 5#: Alfabeto di strega: U come Ulfhednar- i guerrieri lupo


Modern Witch League 5#: Alfabeto di strega: 
U come Ulfhednar- i guerrieri lupo




Come promesso alla lettera B, vi avrei parlato anche di altri guerrieri nordici oltre ai i Berserker, ovvero gli Ulfhednar essi indossavo sul giaco delle pelli di lupo 'vargstakkar', e a differenza dei Berseker che combattevano a squadre, essi entravano in combattimento da soli. Si dice che anche alcuni Ulfhednar combattessero senza armatura e solo con in dosso le pelli di lupo. Un Ulfhednar ci viene mostrato su un plinto proveniente da Torslunda, sull'isola Baltica i Olund. Questo plinto era uno stampo su cui l'artigiano batteva con un martello le lamine di metallo che  servivano a proteggere e adornare magicamente gli elmi. Mostra un uomo che indossa un elmo con le corna e porta due bastoni. Vicino a lui c'è un Ulfhednar, un uomo dalla testa di lupo armato di lancia  In Gran Bretagna - a Kilpeck, nell'Hereforshire - in una chiesa del' undicesimo secolo c'è una scultura che potrebbe essere una tarda interpretazione di questa tradizione. E' una maschera di lupo dalla testa umana che sta in guardia in una scultura che si trova all'esterno della chiesa e che probabilmente è una copia in pietra di quelle maschere che venivano appese nei templi pagani e usate in tempo di guerra o nelle cerimonie.
Gli sciamani d'oggi e del passato utilizzavano questi stessi travestimenti nelle loro cerimonie per fare da ricettacolo di spiriti. Uno dei soprannomi di Odino è Grim; ovvero "colui che è mascherato".
Le tecniche di Ulfhendar e Berserker erano dense di pericoli soprattutto se non si era iniziati. Un esempio si trova nella Volsunga Saga.
Gli eroi Sigmund e Sinfyotl incontrarono pervaso nella foresta due uomini che dormivano e che portavano anelli magici d'oro. Sopra di loro erano sospese due pelli di lupo, che essi rimuovevano ogni quinto giorno e indossavano di nuovo per mezzo degli anelli. Sigmund e suo figlio indossarono le pelli di lupo ed acconsentirono a seguire certe regole di combattimento "parlavano la lingua dei lupi, entrambi capivano quel modo di parlare... Fecero un accordo in base al quale ciascuno dei due avrebbe avuti la possibilità di assumere sette uomini , ma non uno di più. Se avessero superato quel numero, avrebbero dovuto gridare nel linguaggio dei lupi". I due Volsungs indossarono le pelli ma uccisero persone finché non riuscirono togliersi le pelli. Il linguaggio del lupo è una forma di richiamo simile al Kiai delle arti marziali orientali, abbassa la pressione sanguigna degli avversari, consentendo al guerriero di colpire. "i Berserker abbaiavano e gli Unfhendar ululavano" - Hrafnsmàl scritto Norvegere.
La tradizione di guerrieri lupo non è solo Scandinava. A Radnor, la figlia di un principe celtico Gallese mosse guerra ai suoi nemici sotto forma di lupo. A di là del mare, un libro Irlandese del tredicesimo secolo The Wonders of Ireland (Le meraviglie d'Irlanda), si afferma " Ci sono alcuni uomini nella razza Celtica che hanno il potere meraviglioso che ereditano dia loro antenati: per un'arte maligna, infatti, essi possono assumere a loro piacere la forma di un lupo dai denti aguzzi e taglienti".
Sono in oltre leggendarie le armi attribuite a questi guerrieri. Nella lettura arturiana , l'inizio di Le Morte d'Arthur di Malory ci presenta un guerriero del clan del lupo.
Il famosissimo Beowulf, parla di un guerriero del culto del lupo, infatti quel nome è composto dal nome del dio Anglo-Sassone Beow e da Wolf, Il nome sacro è parte della tradizione magica e i nomi dei guerrieri, si basano sul clan di appartenenza e per il valore dell' uomo stesso.
Questi guerrieri spesso avevano subito un tirocinio fisico e spirituale paragonabile alle più conosciute arti marziali Orientali, ed erano capaci di compiere delle gesta straordinarie. L'Hàvaamaàl racconta della quinta runa che rende capace il guerriero di fermare una freccia in volo. La pratica guerriera speso viaggiava di pari passo all'arte magica, alla magia impiegata in battaglia  si ricorre nella Hardar Saga, in cui ha luogo l'Herfjottur (war fetter), un incantesimo veicolante che causa la paralisi o la perdita di potere delle forze nemiche.
 Per poter utilizzare le le discipline apprese durante la sua formazione il guerriero utilizzava l'energia dell'Ӧnd, che è nient'altro che una forza esistente o un conglomerato di forze ed energie presenti in ogni essere vivente, che ogni tradizione chiama in modo diverso: è il prana per gli Indù; il pneuma per i Greci, il solvente universale per gli alchimisti; il vril della Teosofia; il ch'i qi della geomanzia cinese e delle arti marziali. L'Ӧnd nordico è tutto e genera ogni cosa, rende possibile e proviene da noi stessi come da ciò che ci circonda come lo spirito dei luoghi e le forze che dominano il mutare della natura.

Tradizioni Nordiche - Pennick

giovedì 17 gennaio 2013

Modern Witch League 5#: Alfabeto di strega: T come Tolcarne



Modern Witch League 5#:  
Alfabeto di strega: T come Tolcarne



Lettara T, questa volta ho deciso di parlare di una leggenda che si frappone a cavallo tra le tradizioni scozzesi, croniche e  relativamente alle nordiche.
Sulle coste di Newlyn si trova un affioramento naturale particolare, in prossimità della chiesa di San Piero questo luogo è conosciuto come il Tolcarne. E' stato ipotizzato che in questo luogo vennero celebrati antichi riti in epoca pre-cristiana probabilmente in onore del sole. Questo luogo è conosciuto anche come 'Roccia del Diavolo' ed il sito è associato a tradizioni curiose, come quella che lo vedo legato a Bucca - Il diavolo.

La leggenda del diavolo al Tolcarne racconta del giorno in cui il diavolo ha rubato le reti ai pescatori di Newlyn per poter pescare lui stesso. Il furto fù scoperto proprio mentre il diavolo cercava di sgattaiolare via in silenzio, ed i membri della chiesa sopra menzionata lo perseguitarono con canti devozionali per il Signore ed il diavolo fu cosi costretto a fuggire. Nella fretta di scappare tuttavia, inciampò e lasciò nella roccia la sua impronta e i segni delle reti la dove erano cadute.
Arrabbiato si rialzò da terra pronunciando verso il coro: "BUCKAH! BUCKAH! BUCKAH! ' emettendo fiamme dalla sua bocca.

La tradizione del 'Troll Tolcarne' racconta che nella roccia vi sia la dimora di un'entità e che essa, secondo la tradizione locale, risalga ai tempi dei Fenici. Tale spirito è descritto come dai piacevoli lineamenti, vestito con una tunica o una giacca lunga ed un cappuccio e in questo, tale entità è stata associata a Odino Wonderer 'il mago viandante incappucciato'. Si dice che tale spirito passi il suo tempo a viaggiare nel Newly e che un tempo viaggiò fino alla città di Tiro per vedere la costruzione del tempio di Salomone.

Betty Grancan, l'infermiera di un certo signor Henry Maddern, gli avrebbe raccontato come fù possibile invitareil Troll Tolcarne per giuarirlo. recitando un fascino segreto della Cornovaglia, usando tre foglie secche: una di quercia, una di frassino e una di rovo. Siccome il signor Maddern era una persona scettica, lei decise di non rivelarli le parole che usò, quindi, purtroppo ciò che noi sappiamo al riguardo è solamente che si trattava di un incantesimo Cornico per la guarigione.
In oltre, lo scopo dell'invocare il "Troll"  attraverso questo incantesimo era quello di conoscere le proprie vite passate, poiché nella vecchia tradizione Cornish si credeva nella reincarnazione, lo spirito del Troll sicuramente avrebbe risposto all'invocazione bastava specificargli il periodo e l'età

Tratto da  http://www.cornishwitchcraft.co.uk/ 
con l'aiuto di Dorylis per i riferimenti a Odino e al fascino sulle vite passate. http://arsstrigae.wordpress.com/tag/bucca/



martedì 15 gennaio 2013

Miele handmade.. si, senza api!

Grazie ad un amica ho ripreso la lettura per quanto concerne il Miele e le Api, non credo che nemmeno i mie più affezionati amici sappiano che da molto tempo che sogno un piccolo spazio da apicoltrice e immagino che tale resterà, benché mi venga rabbia dal momento che a due passi da casa ci sono 6-7 casette abbandonate sul fondo di un immenso giardino di una casa che vedo quando torno dal parco.
Se fosse tutto come una volta potrei chiedere ai proprietari perché non le usano più e se qualcuno di loro è capace potrebbe insegnarmi ed io potrei andare ad occuparmene in cambio di insegnamenti e di un vasettino di miele... ma immagino che se gli suonassi anche solo mi potrebbero sparare.
Coque, leggo un blog di una ragazza canadese (paese dei sogni) che ha le sue casette per le api in giardino, e produce in piccolo più per il gusto di salvaguardare queste splendide operaie che sono le apine piuttosto che per il miele che di fatto raccoglie.
Cosi insomma, di quando in quando se mi è possibile leggo qualcosa sulle sacerdotesse melisse, sul culto della dea ape, su questo prezioso dono di madre natura, che mi ha vista del tutto coinvolta da quando anni fa ho assaggiato l'Idromele e questo poi ha preso una considerazione di rilievo nella mia pratica come"bevanda sacrificale" come "offerta divina" come l'unica cosa di cui Odino si nutre (oltre la conoscenza)- lui "il sangue di Kvasir". Per altro l'ape è un alleato meraviglioso con cui lavorare. Inizio a considerarla tale visto che di totem non potrei proprio parlare.
In ogni caso, sono molti anni che vorrei provare a produrre il mio idromele, ma vivendo ancora con i mie e avendo risorse limitate non mi sono mai decisa a fare un piccolissimo investimento per provarci. Ho optato per un' alternativa very fast, tra le altre di cui ho sentito parlare, io lo chiamo l' IdromielVino, poiché è un vino bianco cotto qualche minuto a bagno maria con il miele. Il gusto è decisamente simile a quello dell' idromele e conserva anche la gradazione alcolica del vino.

Percorrendo la via dell' handamde, mi sono imbattuta or ora in una ricetta stuzzicante , sicuramente da provare prima o poi: Miele fatto con il tarassaco, una pianta che amo poiché è mia alleata nel regno vegetale e da essa proviene il mio alraun.



Ingredienti (per un vasetto)
100gr di fiori di tarassaco (pesati soli i petali)
200gr di zucchero integrale di canna
400ml di acqua

Procedimento
Raccogliere i fiori di tarassaco, possibilmente in aperta campagna ;)
Lavarli bene, tamponarli con un panno asciutto e staccate i petali.
Metteteli in un pentolino, aggiungete lo zucchero e l’acqua.
Cuocere a fuoco medio per 40-45 minuti.
Lasciar raffreddare, filtrate il tutto e rimettere sul fuoco per altri 15-20 minuti, finché non si addensa al punto giusto.
Alla fine, risulterà molto denso, toglietelo dal fuoco, prenderà la consistenza giusta una volta raffreddato.

Questo miele è davvero ottimo, si trova anche già confezionato ma la soddisfazione dell'auto produzione è tutta un altra cosa
Risulta un miele aromatico, va benissimo accompagnato ai formaggi ma anche gustato da solo sul pane!

Fonte- https://www.facebook.com/LaStellaVegana

Modern Witch League 5#: Alfabeto di strega: S come Skaði



Modern Witch League 5#:  
Alfabeto di strega: S come Skaði


Settimana della S e già da mesi programmavo di arrivare ad un altra delle dee che mi sono più care.
Non conosco Skaði da tanto tempo, l'ho conosciuta studiando la mitologia nordica e mi ha subito attirato per i suoi caratteri e la sua simbologia, dea dell inverno, raffigurata con i lupi (la sua dimora riecheggia di ululati) gira per le montagne innevate con i suo arco. Amo tutto questo e sembra essere una dea perfetta per me, ma purtroppo rapportarsi con una divinità non è mai semplice, cosi ho iniziato ad avvicinarmi questo autunno a questa dea meravigliosa e continuo a farlo in punta di piedi. L'ho scelta come  guida in una meditazione che ho fatto tempo fa, l'ho seguita affiancandola e restando un passo indietro rispetto a lei. Vederla non ha reso l'avvicinarmi più facile, dopotutto lei è sempre una gigantessa e resta fredda come la stagione che la domina, distaccata, dall'aurea brillante e candida, elfica direi, magnifica e terribilmente poco umana, tutti aspetti che la rendono più irraggiungibile di quanto una divinità già non lo sia. Non esistono molte informazioni ed io ho cercato di tradurne un po qui e un po li per questo post settimanale, mi incuriosisce tuttavia saperne sempre di più  sopratutto sulle ipotesi di un culto dedicato a lei. La mia ricerca continua ma per il momento ecco quanto so su questa dea selvaggia.

Skaði (il cui nome viene erroneamente anglicizzato in Skadi) è una figura della mitologia norrena. Inizialmente viene descritta come una gigantessa accolta poi nella stirpe dei Vanir dopo aver sposato il dio Njörðr.
Nonostante la sua ambigua natura è di fatto per metà divina, ad ella è imputato un culto attestato da diverse fonti. E’ una divinità puramente invernale, che vive sulle montagne ed è dedita alla caccia: Snorri dice che Skaði usa gli sci per spostarsi sulle montagne dove si reca a cacciare insieme al suo fido arco, in questo appare simile al dio Ullr e per questo viene chiamata Öndurgoð o Öndurdís "dea degli sci".
Invece, l’etimologia del nome Skaði è incerta: vi è chi lo lega al termine omofono - al sostantivo norreno skaði  che vuol dire ingiuria - danno, chi invece pensa che Skaði insieme a Sca (n) dinavia e Skáney, e in gotico skadus, in sassone, in tedesco antico scatole e in antico inglese scaedu, indichi il termine "Ombra", ciò potrebbe anche stare a significate che la regione geografica della Scandinavia era considerata associata con il mondo di sotto.
Georges Dumézil  non fu però d’accordo con il presumere che Skaði e la Scandinavia siano strettamente collegate, il fatto che il nome di quest’ultima derivi dalla divinità e sia quindi “isola della dea Skaði” non è per forza vero, perché, intanto, questa associazione con la parte oscura, con i regni oscuri non è certa e piuttosto è più probabile che sia il nome della dea a derivare dall’isola, cosi come la dea Ériu prende il suo nome da un altra isola, l’Irlanda.

Skaði venne accolta ad Ásgarðr in seguito alla morte di suo padre, il gigante Þjazi, ucciso dagli Æsir. Ella armata di tutto punto si reca nel regno degli dei per vendicarlo. Gli dei tuttavia, tentano una riconciliazione e lei accetta la proposta a due condizioni: uno di loro avrebbe dovuto sposarla e in oltre dovevano riuscire a farla ridere. Per quest’ultima parte, reputata impossibile da realizzare, si propose il dio Loki, il quale prese una corda la legò alla barba di una capra da una parte e l’altra la legò al proprio scroto. Di fronte alla scena della capra che tirava da una parte della corda e Loki dall’altra la dea gigantessa non poté fare a meno di ridere.
Mentre per soddisfare la sua prima richiesta gli Æsir misero la condizione di poter scegliere il proprio futuro sposo guardando solo e esclusivamente i piedi dei candidati. Fù cosi che scelse il dio dai piedi più belli, pensando che si trattasse di Baldr; e trovandosi cosi invece, il dio Njörðr.
Il rapporto tra Skaði, gigantessa delle montagne e Njörðr, dio del mare, non fu dei migliori, inizialmente non riuscirono a mettersi d'accordo sul luogo in cui avrebbero vissuto. Provarono quindi ad alternare la residenza, trascorrendo nove notti a Nóatún, la dimora sul mare di Njörðr, e poi altre nove a Þrymheimr, la dimora tra le montagne di Skaði. Ma nessuno dei due fu soddisfatto dell'accordo: Njörðr si lamentava dell'ululato dei lupi, lei delle strida dei gabbiani. Alla fine pare che Skaði se ne sia tornata, sola, tra le montagne. Quest'ultimo episodio ha un parallelo praticamente identico nella storia dell'eroe Hadingus. L'unione tra Skaði e Njörðr in quanto lei gigantessa e lui dio richiama invece quella tra Gerðr e Freyr.
Alcuni studiosi, ipotizzarono che il suo sposo Njörðr, fosse in origine una divinità femminile, giudicando perciò probabile che Skaði, nei tempi più antichi, fosse una divinità maschile. Quest'ultima congettura sarebbe confortata dal fatto che Skaði è un nome tipicamente maschile, così come l’attività di caccia.

Ambiguo pare il rapporto che lega Skaði a Loki invece: questi, nella Lokasenna, la accusa di avergli offerto il proprio corpo (e questo nonostante sia stato proprio Loki ad uccider suo padre). Più avanti, però, quando Loki verrà incatenato perché non possa più nuocere sino al Ragnarök, è Skaði stessa a legargli sopra il capo il serpe velenoso che stilla costantemente veleno sul volto del dio ma vedremo i dettagli dopo.
Di Skaði si dice anche che ebbe anche diversi figli con Odino, tra cui Sæmingr.

In Grímnismál dell’Edda Poetica, il dio Odino (travestito da Grimnir ) rivela al giovane Agnarr l'esistenza di dodici dimore. Odino cita della sesta dimora Þrymheimr. Nella strofa, Odino recita: ‹‹Þrymheimr si chiama la sesta dove Þjazi viveva, quel detestabile gigante.Ora Skaði risiede, pura sposa degli dèi, nell'antica dimora del padre››. Odino descrive Þrymheimr come composta da "antiche corti" e si riferisce a Skaði come "la sposa splendente degli dei".

Nell'introduzione in prosa alla poesia Skírnismál, il dio Freyr è affranto per una ragazza fiera (la jötunn Gerór) avvistata in Jötunheimr. Il dio Njörðr chiede al servitore Skirnir di parlare con Freyr e nella prima strofa della poesia, Skaði dice sempre a Skirnir, perché Freyr è così sconvolto. Skirnir risponde che si aspetta parole dure del loro figlio Freyr.
Nell'introduzione in prosa della poesia Lokesenna, Skaði viene indicata come la moglie di Njörðr ed è citata come una delle dee che frequentano le feste degli Ægir. Durante una conversazione tra Loki e i presenti in sala, Skaði parlò come tutti gli altri nel tentativo di placare la terribile escalation di ingiurie e maldicenze che il dio stava proferendo verso ogni invitato. Skaði disse: ‹‹Sei di buonumore, Loki; ma non così a lungo, scherzerai in liberà, perché alle rocce gli dèi ti legheranno con le budella del tuo gelido figlio. ››
Loki rispose: ‹‹Considera, se alle rocce gli dèi mi legheranno con le budella del mio gelido figlio, sono stato il primo e l’ultimo a combattere contro Þjazi nello scontro che lo uccise.››
Allora Skaði aggiunse: ‹‹Considera, se tu fosti il primo e l’ultimo a combattere, dando la morte a Þjazi che dalle mie sale e dal mio terreno verranno sempre venti gelidi verso di te››.
Ed ancora Loki  la accusò: ‹‹Più gentile fosti col figlio di Laufeyjar, quando mi hai invitato a letto; dovremmo dirle certe cose, se ora noi dobbiamo, dire tutti i nostri peccatucci››. Dopodiche si intromise Sif.
Infine una piccola porzione di prosa si racconta Loki viene inseguito dagli dei e catturato dopo un fallimentare tentativo di travestirsi da salmone. Suo figlio Váli viene ucciso mentre il suo altro figlio Narfi diventa un lupo. Le viscere di Váli vengono usate per legare Loki a tre rocce sopra le quali Skaði pone un serpente che avrebbe dovuto avvelenarlo.
La moglie di Loki, Sigyn, gli resta al fianco con una boccia per raccogliere il veleno, ma quando la boccia è piena il veleno cade su Loki, obbligandolo a contorcersi per il dolore. Si dice che furono questi spasmi la causa dei terremoti.
Scholar John Lindow ipotizzò che da come Skaði e Loki si parlano tra i due potrebbe esserci stato qualche rapporto, non solo per le accuse lanciate da Loki ma soprattutto per la simbologia del serpente, usato poi dalla dea per punire Loki.
Skaði viene ancora citata nella poesia Hyndluljóð, dove la jötunn Hyndla dice alla dea Freyja che Þjazi "amava sparare" e che Skaði era sua figlia.

Nel capitolo 23 dell’Edda, nel libro Gylfaginning, viene descritta Skaði proprio come gigantessa jötunn, figlia di Þjazi e si racconta della storia che ha avuto con il dio Njörðr e delle vicissitudine nei del loro matrimonio gia annunciate, la prosa recita:
“Il terzo áss è chiamato Njǫrðr. Egli abita in cielo, nel luogo chiamato Nóatún. Governa il corso dei venti e placa il mare e il fuoco. È lui che si deve invocare per navigare e per cacciare. Egli è così opulento e prosperoso che può ampiamente donare a loro terre e armenti ed è lui che si deve invocare per queste cose. Njǫrðr non è della stirpe degli Æsir. È stato allevato nel Vanaheimr, ma i Vanir lo diedero in ostaggio agli dèi e presero in cambio in ostaggio colui che si chiama Hǿnir. Egli divenne il segno di riconciliazione fra gli dèi e i Vanir. Njǫrðr ha in moglie quella donna chiamata Skaði, figlia del gigante Þjazi. Skaði vuole avere la dimora che ricevette da suo padre, che si trova fra certe montagne nel posto chiamato Þrymheimr, ma Njǫrðr vuole stare vicino al mare. Essi stabilirono che sarebbero stati per nove notti a Þrymheimr e altre nove in Nóatún. Ma quando Njǫrðr tornò a Nóatún dai monti, allora cantò queste strofe: ‹‹Sgraditi mi sono i monti non vi rimasi a lungo: nove sole notti. L'ululato dei lupi soave non mi parve come il canto dei cigni››.
Quindi Skaði cantò questo: ‹‹Dormire non posso su guanciali di mare per lo stridor d'uccelli; sveglia mi tiene chi da lungi vola il gabbiano ogni mattino››.
In seguito Skaði tornò sui monti, abitò in Þrymheimr e per la maggior parte del tempo va sugli sci e abbatte le fiere. Ella si chiama Ǫndurgoð o Ǫndurdís. Così è detto: ‹‹Þrymheimr si chiama ove Þjazi abitava,il gigante spaventoso, ma ora Skaði vi dimora degna sposa degli dèi nell'antica dimora del padre››.

Alla fine del capitolo 50 del Gylfaginning, viene ancora raccontata la fine del Lokesenna : “Loki era dunque imprigionato senza scampo e fu portato dentro una caverna. Qui gli Æsir presero tre lastre di pietra, le appoggiarono su un lato e fecero un foro su ciascuna. Furono quindi presi i figli di Loki, Váli e Nari o Narfi. Gli Æsir tramutarono in lupo Váli, il quale straziò immediatamente Narfi, suo fratello. Ne presero dunque le budella e le usarono per legare Loki sulle tre lastre: una gli sta sotto le sue spalle, la seconda sotto i reni e la terza sotto le caviglie e quelle corde divennero di ferro. Skaði, poi, prese un serpente velenoso e lo fissò sopra di lui, in modo che il veleno uscisse dal serpente e cadesse sul suo volto, ma Sigyn, moglie di Loki, gli sta vicino e tiene una conca sotto la pioggia velenosa. Quando la conca è piena, ella si alza per vuotarla, ma nel frattempo il veleno cade sulla faccia di Loki, il quale si agita così violentemente che la terra tutta trema. Voi chiamate questi terremoti. Laggiù Loki resterà legato fino al ragnarøkr”.

Nel libro Skáldskaparmál, si racconta di come Loki per salvare Iðunn uccise Þjazi. Egli stesso aveva fatto allontanare la dea Iðunn da Ásgarðr per via di un patto fatto con il gigante Þjazi. Quando gli dei lo scoprirono egli fu così spaventato che giurò che avrebbe cercato Iðunn in Jǫtunheimr. Con il mantello di Frejya  si trasformò da falco, volò a nord verso Jǫtunheimr e giunse presso il gigante Þjazi. Questi navigava in mare, mentre Iðunn era a casa. Loki la trasformò in noce, la afferrò con i suoi artigli e volò via più veloce che poté. Quando Þjazi giunse a casa e non trovò Iðunn, si mise il suo travestimento da aquila e inseguì Loki. Quando gli Æsir videro che il falco volava con la noce e l’aquila che li seguiva radunarono dei trucioli di legno e una volta che Loki fu salvo appiccarono il fuoco contro l’aquila che non poté più frenare. Gli Æsir erano vicini e uccisero il gigante Þjazi dentro ai cancelli di Ásgarðr e quest'impresa è risaputa. Skaði, la figlia di Þjazi, prese elmo, armatura e tutte le armi e si recò ad Ásgarðr per vendicare suo padre. Ma gli Æsir le chiesero di riconciliarsi con lei attraverso l’offerta già descritta. Infine, a titolo di risarcimento per Skaði, Odino prese gli occhi di Þjazi, li lanciò verso il cielo, e dagli occhi creò due stelle.
Ancora molti sono i rifermenti ad essa in Skáldskaparmál.

Nel capitolo 8 della Heimskringla – La saga degli Ynglinga, si parla di Skaði quando un tempo era sposata con Njörðr, e dice che ella non ebbe rapporti sessuali con lui, in seguito Odino la sposò(?). Skaði e Odino ebbero "molti figli". Solo uno dei nomi di questi figli è rivelato: Sæmingr, un re di Norvegia.
‹‹Di mare-ossa, e molti figli la dea degli sci, ha avuto con Odino››. [*mare -ossa sono le rocce gli scogli*].

Un'altra figura con il nome di Skaði  appare nel primo capitolo della saga Volsunga. Nel capitolo, questo Skaði è maschio è il proprietario di uno schiavo di nome Bredi . Un altro uomo, Sigi, un figlio di Odino, andava a caccia un inverno con lo schiavo. Sigi e lo schiavo Bredi cacciarono per tutta la giornata fino a sera, quando confrontarono le loro uccisioni, Sigi vide che Bredi aveva superato le sue prede e cosi decise di ucciderlo e seppellirlo in un cumulo di neve.
Quella notte, Sigi tornò a casa e sostenne di essersi separato dallo schiavo e di averlo perso nel bosco. Skaði dubitava della spiegazione di Sigi, ed ebbe il sospetto che Sigi mentiva e che avesse ucciso Bredi. Skaði riunì degli uomini per cercare il suo schiavo ed in fine trovarono il cadavere del povero malcapitato, il cui nome venne dato ai cumuli di neve e la gente ancora si riferisce ad essi in questo modo “Bredi’s Drift” – “Cumolo di Bradi”. Sigi scappa sotto la protezione di Odino e Skaði non è menzionato di nuovo nella saga.
Scholar Jesse Byock rileva che l'Skaði è una dea associata con l'inverno e la caccia, nell'episodio sopra descritto.

Scholar Hilda Ellis Davidson suppone che il culto di Skaði potrebbe aver prosperato in Hålogaland , una provincia nel nord della Norvegia, poiché "lei mostra caratteristiche simili a quelle dei Sami, che erano famosi per lo sci, il tiro con l'arco e la caccia, la separazione da Njord potrebbe costituire una scissione tra il suo culto e quello del Vanir in questa regione, dove scandinavi e il Sami erano in stretto contatto".
In Svezia vi sono molti toponimi con cui ci si riferisce sia a Skaði che a Ullr, per via delle loro similitudini, ciò fa diventar nuovamente plausibile che Skaði un tempo, o per alcuni, fosse in origine una divinità maschile.


Fonti:
Wikipedia,
Bibrost.it



lunedì 14 gennaio 2013

Earth Day Project 2013



Earth Day Project 2013

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Nuova iniziativa per la Modern Witch League© per il prossimo Earth Day.
Già nel 2011 la Lega si era occupata di questo evento attraverso un' iniziativa molto carina di cui è ancora possibile vedere il risultato qui.
Per quest' anno con grande anticipo apre una nuova iniziativa che sarà un po impegnativa ma per alcuni aspetti simile alla precedente, e potrà portare grandi soddisfazioni per la lega stessa.
Siccome riteniamo sia un progetto utile e interessante, per la prima volta ci sarà una particolarità nella partecipazione.


:eather: Cos'è la Giornata Mondiale della Terra

CITAZIONE
La Giornata della Terra (in inglese Earth Day), è il nome usato per indicare il giorno in cui si celebra l’ambiente e la salvaguardia del pianeta Terra. Le nazioni Unite celebrano questa festa ogni anno, un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, il 22 aprile. La celebrazione che vuole coinvolgere più nazioni possibili, ad oggi coinvolge precisamente 175 paesi. Nata il 22 aprile 1970 per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. Come movimento universitario, nel tempo, la Giornata della Terra è divenuta un avvenimento educativo ed informativo. I gruppi ecologisti lo utilizzano come occasione per valutare le problematiche del pianeta: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono, e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili. Si insiste in soluzioni che permettano di eliminare gli effetti negativi delle attività dell’uomo; queste soluzioni includono il riciclo dei materiali, la conservazione delle risorse naturali come il petrolio e i gas fossili, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la cessazione della distruzione di habitat fondamentali come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate.

:eather: Cosa proponiamo agli iscritti alla lega questa volta?
Si tratta di postare degli interventi utili per la salvaguardia del pianeta che tutti possono mettere in atto nel loro piccolo( o in grande se si ha la possibilità)
Ogni iscritto potrà proporre idee consigli, rimedi, attività utili a salvaguardare l'ambiente.
Non vi sarà un limite di interventi, ognuno potrà scrivere quante volte vorrà in modo che ci siano tante informazioni importanti, e avrà tempo per farlo fino al 22 Aprile 2013giorno in cui si cade questo evento.
Il risultato sarà un manualino che se sostanzioso potrebbe essere anche divulgato per essere consultabile da tutti gratuitamente.


:eather: Istruzioni
Per partecipare dovete apporre i banner che trovate sui vostri siti e blog, e contrassegnare ogni vostro intervento con il banner piccolo ala fine o all'inizio di ogni vostro post nei vostri siti privati.
Anche i video devono presentare il banner come foto all'interno del video e devono sottolineare che è un iniziativa della Modern Witch League© per la prossima Giornata della Terra.


:eather: Nei vostri interventi potete parlare di :
:green: Riciclo: dal' riutilizzo di materiale fino alla raccolta differenziata per quanto concerne il vostro privato ma anche se siete a conoscenza di fabbriche che riutilizzino materiale di riciclo come per esempio chi fa dalle bottiglie sedie a rotelle o maglioni e coperte ecc...
:green: Eco Cosmesi: Usate prodotti naturali e cruelty free? Parlate delle vostre marche preferite e o se create voi stessi i vostri prodotti di cosmesi, rivelate i vostri segreti di una bellezza tutta naturale e amica degli animali.
:green: BioLife: Bio anche nella vita di tutti i giorni. Se usate prodotti per la casa home made oppure di marchi che si curano della salvaguardia dell'ambiente, mostrateceli. Date il vostro punto di vista su come voi vivete la vostra vita rispettando la natura.
:green: Progetti ambientali: se siete a conoscenza di qualche importante progetto di rimboscamento, se nel parco vicino a casa vostra hanno piantato nuovi alberi, se sapete come si può adottare un albero affinché non venga tagliato, riserve da visitare, salvaguardia di ecosistemi, di specie protette in tutto il mondo non solo in italia. Risparmio dell' acqua, ecc..
:green: My Green Corner: Raccontateci del vostro piccolo angolo verde, se avete un piccolo spazio in terrazzo, un giardino o addirittura un orto! Parlate degli orti eco solidali, aiuole sinergiche, semina sul balcone, allevamento di piante, gli insetti benefici.
:green: Green Spirits Allies: Lavorate con gli spiriti delle piante? come in che modo potete insegnare agli altri a farlo? Scambiate energia con la terra? fate rituali di guarigione per Madre Terra? come? in che modo?
:green: Green Food: Alimentazione sana - Non di Vegetarianesimo, Veganesimo, Fruttismo, che sonos celte di vita che non tutti possono o vogliono adottare ma cosa magiare quando mangiarlo e come. Tempi di raccolta, Frutta e verdura di stagione, diete salutari, tisane, allevanti di animali che rispettano il bestiame, tratte brevi di trasporto della materia prima al consumatore ecc..

E ancora insomma tutto ciò che magari non ci è venuto in mente ma che è in linea con la salvaguardia dell' ambiente e la cura di Madre Terra.

:eather: Non è necessario che ciò che scrivete è qualcosa che necessariamente fate, è una buona occasione per lavorare insieme e fare ricerche, producendo risultati che magari altri potrebbero mettere in atto.



:eather: Come esprimervi?
Come già detto potete raccontare qualcosa che sapete, dare semplici consigli, ricette, tutorial, fare video, o reportage fotografici, scrivere uno o 100 post insomma fate!
Ovviamente se avete la possibilità di fotografare o riprendere l'effetto è sicuramente più immediato e stuzzicante.

Ogni intervento deve essere presente sul vostro sito, blog canale, e poi essere postato qui, eccezion fatta per chi usa solo il forum per postare. in questo caso questi utenti non hanno l'obbligo di mettere il banner alla fine di ogni post.
Quando copiate qui NON DOVETE apporre il banner del progetto


:eather: Chi partecipa?
Tutti gli iscritti ufficiali alla Lega come sempre, ma come dicevamo all'inizio siccome riteniamo sia una bella possibilità di crescita personale, possono partecipare Tutti!

CITAZIONE
Purché chi non è iscritto ufficialmente e desidera intervenire solo per questa attività oltre ai banner del progetto stesso apponga sul suo sito,blog forum anche il seguente ballerino:
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CODICE
<a href="http://sacerdotessediavalon.forumcommunity.net/?f=6928294l" target="_blank"><img src="http://i120.photobucket.com/albums/o164/skayler102f/bannino1JOLLY_zpsfa23b34b.jpg" border="0" alt="Membro Jollyt"/></a>

Nel caso queste persone facciano video è bene che spieghino a voce che sono Membri Jolly e attivi solo per questa iniziativa.
Gli utenti Jolly quando postano i loro interventi devono necessariamente mettere il Link di dove hanno svolto il loro intervento ( blog sito ecc)così che lo staff possa controllare che vi siano tutti i requisiti.
Devono all'inizio di ogni intervento segnalare con il banner o una scritta di essere membri Jolly.
Il banner della Modern Witch League Jolly deve essere mantenuto sul sito o in firma fino al 22 aprile.

Tutto qui, ricordatevi avete tempo fino al 22 Aprile 2013 per mettere i vostri interventi.

Per partecipare ricorda di apporre il banner in un tuo spazio e alla fine o all'nizio di ogni intervento sul tuo sito.

Buon lavoro!

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CODICE
<a href="http://sacerdotessediavalon.forumcommunity.net/?t=53467301#entry372698191" target="_blank"><img src="http://i120.photobucket.com/albums/o164/skayler102f/BANNERED_zpsd7fb9c37.jpg" border="0" alt="Photobucket"/></a>