venerdì 20 gennaio 2017

Gunnlaðarþáttr - La conquista del mjǫðr


La conquista del mjǫðr, il nettare degli scaldi, da parte di Odino.

Questo è un mito ci fu tramandato anche da Snorri, ma abbiamo ragione di credere, dalle allusioni che nelle prossime strofe che, o esistevano diverse variazioni di esso o, che per quanto riportato qui sotto e racconto di Snorri vadano integrati in una narrazione più vasta o, quantomeno in un genere di riflessione più ampio respiro.

Per orientarsi sarà utile accennare al resoconto di Snorri.

Il saggio Kvasir, il più sapiente degli Dei, si recò in visita dai nani Fjalarr e Galarr. Questi l'uccisero. Dal suo sangue, mescolato al miele, ricavarlo un nettare, il mjǫðr, che disposero in tre recipienti Son, Boðn e Oðrerir, così prezioso che chiunque ne avesse bevuto una sola goccia sarebbe diventato saggio o poeta. I nani interrogati dagli Dei sulla sorte di Kvasir, il risposero che costui sarebbe morto annegato nella sua stessa saggezza, poiché non trovava nessuno tanto saggio che potesse interrogarlo sapientemente.
Arrivarono in visita a due nani, il gigante Gillingr con la moglie. I nani uscirono in mare, in barca, con il gigante che non sapeva nuotare e arrivati al largo, lo fecero annegare. La moglie appresa la sorte del marito, incomincio a piangere forte. I due nani non sopportando la più uccisero anche lei. Allora si recò da loro Suttungr, il figlio della coppia dei giganti. Costui condusse due i nani in mare e li leggo uno scoglio, in attesa che l'alta marea li sommergesse. Allora i due nani offrirono a Suttungr il nettare degli scaldi, il mjǫðr al fine di avere salva la vita. Suttungr accettò.
Tornato nelle sue terre col prezioso e nettare, lo nascose in una grotta e mise sua figlia Gunnlǫð a guardia di esso. Allora Odino si recò nelle terre del gigante al fine di riconquistare il mjǫðr. Sotto le mentite spoglie di un vecchio Bǫlverkr Malfattore giunse presso i campi di Baugi, fratello di Sutttungr, dove nove servi stavano falciando l'erba. Offri a quest'ultimi una cote che avrebbe affilato le loro facili meravigliosamente. Tutti la volevano e allora Bǫlverkr la scagliò in aria ed i nove nel tentativo di accaparrarse nella ressa sì uccisero la vicenda con le loro falci. Così  Bǫlverkr si reca dal loro padrone, afflitto, perché intanto ha saputo della morte dei suoi servi e non sa come poter mandare avanti il suo lavoro nei campi.  Bǫlverkr  si offre di svolgere l'intero lavoro e dei nuovi
schiavi da solo e chiede come ricompensa alla fine che ti si conceda un sorso di idromele di Suttungr. Baugi risponde di non aver nessun diritto sulla bevanda, ma ad ogni modo, a lavoro terminato si sarebbe potuto provare. Terminata l'estate,  Bǫlverkr compì il suo lavoro. Con Baugi si recò da Suttungr per ricavare il sorso dell'idromele. Questi rifiutò decisamente. Allora  Bǫlverkr prende una terebra e lascia che Baugi pratichi per lui è un foro nel fianco della montagna che cela il luogo in cui si trovano Gunnlǫð è il mjǫðr.
Trasformarsi in serpente, Bǫlverkr striscia nella grotta attraverso il foro. Baugi tenta di colpirlo da dietro ma fallisce il bersaglio. Raggiunta la custode del nettare, per tre notti Bǫlverkr giacque accanto a lei. Per ricompensa accetto tre sorsi di mjǫðr. Col primo vuoto o Oðrerir, col secondo Boðn e col terzo Son. Sichè presto l'idromele, in forma di aquila spicca il volo fugge verso Asgard, la dimora degli Dei. Suttungr, anch'egli trasformatosi in aquila, si affretta di inseguirlo. Quando in vista di Asgard di Dei videro Odino che stava per essere raggiunto da Suttungr, prepararono a terra dei recipienti nei quali Odino versò il suo prezioso carico. Ma nella fretta, né verso un po' fuori dalle mura di Asgard. E' da quella che vengono i poeti folli. Odino diede l'idromele agli Asi e li scaldi (i poeti Nordici)


Gunnlaðarþáttr
104 Inn aldna jǫtun ek sótta, 
nú em ek aftr of kominn: 
fátt gat ek þegjandi þar; 
mǫrgum orðum 
mælta ek í minn frama 
í Suttungs sǫlum.

L'antico jǫtunn ho visitato,
proprio ora sono di ritorno.
Poco ottenni là col silenzio:
con molte parole
ho parlato a mio vantaggio
nelle sale di Suttungr.  
 

105 Gunnlǫð mér of gaf 
gullnum stóli á 
drykk ins dýra mjaðar; 
ill iðgjǫld 
lét ek hana eftir hafa 
síns ins heila hugar, 
síns ins svára sefa.

Gunnlǫð mi diede
sul trono d'oro
da bere il prezioso idromele.
Un cattivo compenso
le diedi in cambio
per il suo cuore generoso,
per il suo spirito innamorato.  
 

106 Rata munn 
létumk rúms of fá 
ok um grjót gnaga, 
yfir ok undir 
stóðumk jǫtna vegir, 
svá hætta ek hǫfði til.

Il morso del trapano
lasciai si facesse spazio
e perforò le rocce;
sopra e sotto
avevo le vie degli jǫtnar:
così rischiai la testa.
 

107 Vel keypts litar
hefi ek vel notit, 
fás er fróðum vant, 
því at Óðrerir 
er nú upp kominn 
á alda vés jarðar.

Con l'inganno quel bel sembiante 
mi son ben goduto:
a poco rinuncia chi è saggio.
Perché Óðrørir
è ora salito
al santuario delle stirpi della terra.


  108 Ifi er mér á 
at ek væra enn kominn 
jǫtna gǫrðum ór, 
ef ek Gunnlaðar né nytak, 
innar góðu konu, 
þeirar er lǫgðumk arm yfir.

In me è il dubbio
che sarei ritornato
dalle fortezze degli jǫtnar,
se Gunnlǫð non mi avesse aiutato:
la brava donna
che cinsi con il braccio.  


  109 Ins hindra dags 
gengu hrímþursar 
Háva ráðs at fregna 
Háva hǫllu í. 
At Bǫlverki þeir spurðu, 
ef hann væri með bǫndum kominn 
eða hefði hánum Suttungr of sóit.

Il giorno dopo
vennero i hrímþursar 
a chiedere consiglio ad Hár
nella sala di Hár.
Di Bǫlverkr chiedevano,
se fosse tornato tra gli dèi
o se Suttungr l'avesse ammazzato.  
 

110 Baugeið Óðinn 
hygg ek, at unnið hafi; 
hvat skal hans tryggðum trúa? 
Suttung svikinn 
hann lét sumbli frá 
ok grætta Gunnlǫðu.

Sul sacro anello, Óðinn,
credo, abbia giurato;
ma chi potrebbe credergli?
Suttungr frodò,
lui, del suo idromele
e pianse Gunnlǫð.

Fonti:
Havamal. La voce di Odino. Diana Edizioni.
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martedì 3 gennaio 2017

Medicina e Magia nell' Havamal || Discorso di Loddfáfnir.

CXXXVII. Discorso di Loddfáfnir.

Ráðumk þér, Loddfáfnir,
en þú ráð nemir,
njóta mundu, ef þú nemr,
þér munu góð, ef þú getr:
hvars þú ǫl drekkir,
kjós þér jarðar megin,
því at jǫrð tekr við ǫlðri,
en eldr við sóttum,
eik við abbindi,
ax við fjǫlkynngi,
hǫll við hýrógi,
heiftum skal mána kveðja,
beiti við bitsóttum,
en við bǫlvi rúnar,
fold skal við flóði taka.
Ti consiglio, Loddfáfnir,
e tu accetta il consiglio,
ne trarrai beneficio se l'accetti,
bene ti verrà se l'accogli.
Dovunque tu beva birra,
invoca per te la forza della terra!
perché la terra agisce contro la birra,
il fuoco contro la malattia,
la quercia contro la dissenteria,
la spiga contro la stregoneria,
il sambuco contro le liti in famiglia,
per l'ira devi invocare la luna,
l'erica contro la rabbia,
e contro il male le rune,
il terreno agisce contro le inondazioni.



kjós þér jarðar megin: Secondo Reichborn Kjennerud, questo verso si riferirebbe la birra avvelenata. Lle strofe dell Havamal, LXXXI ECXXXI. alluderebbero proprio a questo. Nei tempi antichi, oltre ai normali ingredienti con cui la birra veniva fabbricata poteva capitare che del Lolium temulentum venisse introdotto accidentalmente nel miscuglio, avvelenando la bevanda. Ecco spiegata la consuetudine di benedire la birra prima di berla, come testimoniato nella Biskupa saga. Contro la birra avvelenata sarebbe esistito un medicamento, la cui efficacia sarebbe dipesa dalla forza della Terra. E' una prassi questa che va inquadrata nel contesto magico-religioso tipico delle società arcaiche. La forza della Terra sta nella sua capacità generativa, nella sua fertilità. La Terra che tutto genera e alla quale tutto ritorna, la Grande Madre, custode dell'equilibrio universale. Si ricordi l'uso dei germani di porre neonati sulla terra nuda affinché si impegnassero della forza tellurica. Del resto la Terra non è solo la madre dolce e generosa dispensa attrice di frutti. Essa ha anche il volto terribile della Morte che tutto prende, la Terra alla quale tutto ritorna.
La sua potenza nello Stato allo stato puro non è in e buona né malvagia, dipende dalle circostanze. Anche la birra e intrisa di tale potenza, kjós þér jarðar megin.
La Terra che tutto prende e che ogni male neutralizza. Dello stesso ordine di idee deve essere il senso dei tre sputi (in terra) di un antico formulario danese.
Allo stesso modo riferendosi al verso seguente því at jǫrð tekr við ǫlðri, e all'ultimo fold skal við flóði taka, il vomito di chi è intossicato, libera dalla materia peccans un essere debole e finito e la riversa sulla Terra forte ed infinita.
Tornando alla strofa è probabile che con essa si faccia riferimento a un antico preparato naturale, la terra di Lemno, conosciuto anche come terra sigillata il cui effetto sarebbe stato quello di provocare il vomito ristabilendo l'equilibrio organico. In generale, essa sarebbe stata efficace come antidoto contro i veleni e inoltre contro la diarrea e dissenteria.
Non possiamo escludere anche un'interpretazione "allegorica". Si parla di birra, dunque, di "estasi", "ebbrezza", di un senso di distacco di il rapimento di sè. Ed al vagare rapiti, trasportati fuori da sè violentemente con poca consapevolezza, dominati piuttosto che dominanti, che cosa è meglio contrapporre se non il senso della terra? Un senso di staticità per ritornare in sé e sentirsi fermi.

Altro passo in letteratura in cui compare la jarðar megin, si trova nella Volsugna saga, dove essa è mischiata, nel corno portorio, con acqua di mare, sangue ed ogni genere di segni (magici). Questo è il miscuglio che Grimhild fa bere a Guðrùn, sua figlia al fine di riconciliarsela, dopo la morte del marito per mano dei suoi fratelli.
en eldr við sóttum: le virtù terapeutiche del fuoco sono note fin dai tempi antichi: 'Quel che i medicamenti non sanano, il ferro sana, quel che il ferro non sana, al fuoco sana. Quel che il fuoco non sana, bisogna stimare insanabile.' Gli islandesi, allo stesso modo: 'Pochi escono con tutto il male dal fuoco.' L'uso indiretto del fuoco in medicina avveniva attraverso i ferri roventi usati per cauterizzare o aprire foruncoli. Direttamente invece, esso veniva usato contro le ustioni alcuni farmici venivano preparati col fuoco. Inoltre, noto l'uso della fumigazione con diversi materiali organici, soprattutto bacche di ginepro, contro le malattie dell'utero alcune malattie contagiose. Tali fumigazioni sarebbero state operate anche per scacciare i demoni responsabili delle malattie. RK osserva, tra l'altro, la prassi del Vesland in  Norvegia di accendere un fuoco nel luogo dove si credeva, si fosse originata la malattia per cause sovrannaturali. Per finire, interessante notare che prima di toccare un neonato, bisognasse fyre hender, cioè purificarsi le mani col fuoco.
Per Cederschiold, invece, questa strofa sarebbe riferimento di fuoco sacro Gnideeld che veniva acceso nei paesi germanici in caso di pericolo grandi epidemie.Questo veniva ha portato in processione, di casa in casa, ma non fin sotto il tetto; da esso si attingeva per accendere un nuovo fuoco in ogni abitazione. E' una sorta di rituale di purificazione.

eik við abbindiabbindi anticamente appare solo qui è in AM 194 8vo: 'Prendi bile di toro spalma la sull'ano, allora migliorerà con l'abbindi'. Sembra, dunque che tale termine indichi qualcosa come tenesmo o dissenteria. Eik è la Quercia. I suoi prodotti, radici, corteccia, foglie e ghiande, in particolare una sorta di caffè di ghianda, sono ben noti per le loro proprietà astringenti.

ax við fjǫlkynngi, Cederschiold proponeva di leggere ǫx, ascia in un luogo di ax e riferire questo verso l'uso di inchiodare un'ascia sopra la porta per tenere lontano il incantesimi. Ma RK fa notare che in Gudrunarkivida II, strofa 22, appare ax òskirit in un contesto magico, per cui questo emendamento è da ritenersi improbabile. fjǫlkynngi, deve evidentemente esprimere la causa interna, sovrannaturale di un male. RK cita tanti nomi di malattie e malanni in cui compaiono gli appellativi di esseri sovrannaturali malefici come ad esempio (noi diciamo colpo della strega). Cita, inoltre alcune testimonianze norvegesi e svedesi in cui la spiga veniva adoperata contro il mal di denti e l'orzaiolo (tipo di infiammazione della palpebra). In un libro svedese si legge: 'Contro i vermi della carne umana o nelle membra. Prendi la segale che è a lungo è stata sul letto.'

Del il resto, la spinga e simbolo di rigoglio e felicità. L'oro delle messi riflette loro del sole, come l'azzurro del mare è specchio del colore del cielo e del cielo celeste. Il rigoglio del nostro campo spirituale e la raccolta intensità interiore spezzano i malefici.

hǫll við hýrógi: questo verso ha suscitato qualche perplessità negli studiosi. Se effettivamente la parola havll sul manoscritto è da leggersi hǫll, casa allora non possiamo esprimerci come segue: le contese familiari si dissolvono intorno al fuoco della casa, della famiglia, della stirpe. Si revoca il senso di unione della gens, come una meteora che attraversa il firmamento e sulle cui linee si compie il destino del demone della stirpe: trovare la vita verso il cielo.
Ma alcuni studiosi intendono diversamente lo spirito di questo verso e credono che in quella havll debba esserci il nome di una pianta capace di allontanare gli spiriti malefici che apportano astio nel clima familiare. Dunque, BMO' e proponeva di leggere havll come sambuco. L'appellativo norvegese moderno per tale pianta è hyll. Snorri recitava hallarr come nome di pianta, che con ogni probabilità doveva indicare proprio il sambuco. E' possibile che sia esistita una forma di hollr, oppure hǫll, collaterale ad hallarr e di pari significato; lo scriba islandese avrebbe troncato la r finale in quanto non avrebbe conosciuto il nome di questa pianta - che sarebbe arrivata in Islanda solo nel 1885 - scrivendo hǫll, parola invece di sua conoscenza. Per la verità Asgeir non esclude che la forma collaterale di hallarr sia potuta essere proprio hǫll. Queste considerazioni sono tutt'altro che da rigettare in quanto la proprietà medicinali del sambuco erano note i popoli germanici. Tale albero soprattutto per i popoli germanici meridionali, è stato oggetto di grande venerazione, divinizzato in Germania nella celeberrima figura di Frau Holle. E poteva scrivere ancora RK: il sambuco è ancora l'albero della famiglia dei tedeschi. Inoltre, in Danimarca era di uso chiedere aiuto nel parto al buono spirito del sambuco, abbracciando l'albero

heiftum skal mána kveðja, RK, intende leggere insieme questo verso con i due precedenti e interpreta fjǫlkynngi, hýrógi, e heiftume come espressioni di male sottil, apportato 'magicamente', volgarmente diremmo malocchio.
La connessione con la Luna con la magia era nota anche nei paesi nordici, dove le maghe venivano concepite come spose o amanti della Luna (Màni nordico nome maschile) e la mezza Luna era di grande importanza nella medicina popolare germanica. Del resto si esprime anche AM: 'Nelle atroci ire la Luna deve essere invocata.' Freya, Dea dell'amore e della notte, fa riferimento alla Luna. non ci si stupisce se il suo nume abbia potuto placare le ire.' Chi non ha provato questa grande sensazione di calma di fronte alla sterminata tranquillità del limpido cielo notturno dominato dal sole della notte: la Luna, astro che dona serenità risveglia la gioia nel cuore?

beiti við bitsóttum: è passo più controverso della strofa. Alcuni hanno inteso che beiti nel suo significato comune di pascolo e intendono bitsòttum come malattia causata da puntura di insetto traducendo così: il pascolo guarisce dalle malattie causate da punture; ragion per cui il verso sarebbe rivolto alla cura del bestiame e alluderebbe alla necessità di liberare le bestie e mandarle nel pascolo per guarire dalle punture di insetto.
Cederschiold, invece, propone di leggere e beiti come allume e di intende bitsòtt come malattia da riferirsi all'uomo, non al bestiame. Si riporterebbe in tal modo all'uso dell'allume contro ferite, ascessi e foruncoli sulla pelle dell'uomo, conosciuto anche in tempi moderni. Tuttavia, riteniamo più probabile la lettura di RK. Egli intendenbitsòtt come ferita, ascesso. Inoltre, un altro significato di beiti è esca, verme (come usato come esca). Egli riporta che ancora in tempi moderni il termine Telemark in Norvegia, beitel veniva adoperato per indicare verme in senso generico e analogamente accadeva nel Vest agder per beite. Le proprietà curative dei vermi medicina sono note fin dall'antichità. Essi venivano impiegati come anestetizzanti, analgesici, per chiudere le ferite, come pomate ed era noto pure un oleum lombricorum. In Norvegia, i vermi venivano utilizzati non solo per scopi curativi, ma anche diagnostici. Essi venivano a posti sulle ferite; la morte del verbo indicava che il male era sanabile, mentre se il verme non moriva il male veniva diagnosticato come incurabile.

fold skal við flóði taka. La terra argina la fiumana. La Terra, col suo carattere di solidità fa da argine alla furia devastante delle acque, le raccoglie le confina delineandone le forme, così come un animo forte ordina le proprie passioni incatenandole nella nella direzione che più gli aggrada.


Fonti:
Havamal. La voce di Odino. Diana Edizioni.
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