martedì 4 dicembre 2012

American Gods


Stava camminando.
Un vento freddo gli incollava addosso i vestiti. I minuscoli fiocchi di neve erano quasi cristalli in polvere agitati al vento.
C'erano alberi spogli, invernali, C'erano alte montagne su ogni lato. Era un tardo pomeriggio d' inverno: cielo e neve avevano raggiunto la stessa tonalità di rosso profondo. Più avanti - stabilire le distanze risultava impossibile in quella luce - guizzavano gialle e arancioni le fiamme di un falò.
Un lupo grigio lo precedeva lentamente.
Shadow si fermò. Anche il lupo si fermò, e si voltò ad aspettarlo. Aveva un occhio che luccicava  di un verde giallastro. Shadow scrollò le spalle e ripartì in direzione delle fiamme  Il lupo riprese il suo lento incedere.
Il falò bruciava in un boschetto. Dovevano essere almeno duecento alberi, in due filari. Appese agli alberi c'erano delle sagome, e in fondo un edifico che somigliava vagamente a una barca capovolta. Era di legno, coperta di creature a facce lignee - draghi, grifi, troll e cinghiali - che danzavano al bagliore incerto delle fiamme.
Le fiamme erano talmente alte che Shadow non riusciva ad avvicinarsi al falò. Il lupo lo aggirò intorno piano piano.
Al suo posto, sull'altro lato, spuntò un uomo che si appoggiava a un lungo bastone.
«Siamo a Uppsla, in Svezia» gli disse con una voce che gli era familiare. «Un migliaio di anni fa»
«Wednesday?»
L'uomo continuò a parlare come se Shadow non esistesse. «Ogni anno prima, e poi quando cominciò la decadenza e divennero indolenti ogni nove, venivano qui a fare i sacrifici. Il sacrificio dei nove. Ogni giorno, per nove giorni, appenavano nove animali agli alberi del boschetto. Uno degli animali era sempre un uomo.»
Si allontanò dal fuoco e Shadow lo seguì in direzione degli alberi. Avvicinandosi vie che le sagome appese ai rami si delineavano: gambe, occhi, lingue sporgenti e teste. Shadow scosse il capo: c'era qualcosa di minacciosamente triste in un toro appeso per il collo, uno spettacolo talmente surreale da risultare ridicolo. Passò davanti a un cervo, un cane lupo, un orso bruno e un baio con la criniera bianca, poco più grande di un pony. Il cane era ancora vivo: a intervalli di pochi secondi scalciava spasmodicamente e, con la corda intorno al collo, emetteva un fievole guaito.
L'uomo che Shadow stava seguendo impugnò il lungo bastone , che in realtà era una lancia, ma se ne rese conto solo quando la vide in movimento, e aprì l pancia del cane con un colpo secco, dall'alto in basso. I visceri  fumanti si rovesciarono sulla neve. «Dedico questa morte a Odino» disse l'uomo formalmente.
«Non è che un gesto» spiegò voltandosi verso Shadow. «Ma i gesti significano tutto. La morte di un cane simboleggia la morte di tutti i cani. Mi davano nove uomini, però rappresentavano tutta l'umanità, tutto il sangue, tutto il potere. Non durò. Un giorno il sangue smise di scorrere. La fede senza il sacrificio basta fino a un certo punto. Deve scorrer il sangue.»
«Ti ho visto morire» disse Shadow.
«Quando si tratta di dèi» rispose la figura - adesso Shadow era proprio sicuro che si trattasse di Wednesday, nessun altro metteva nelle parole quella gioia cinica e irritante - «non è la morte  ciò che conta. Conta la possibilità di risorgere. E quando il sangue scorre..» Indicò gli animali, gli uomini impiccati agli albero.
Shadow non riusciva a capire se gli esseri umani gli sarebbero più spaventosi degli animali: perlomeno gli uomini avevano capito a cosa andavano  incontro. Puzzavano di alcol, come se fossero stati autorizzati ad anestetizzarsi, prima di pendere dalla forca, mentre gli animali erano stati semplicemente spinti a frustate fino all'albero, appesi ancora vivi e terrorizzati. Gli uomini sembravano giovani: nessuno aveva più di vent'anni.
«Chi sono, io?» domandò Shadow.
«Tu? Tu eri una possibilità. Parte di una grande tradizione. Anche se siamo entrambi troppo coinvolti per non morire, se necessario. Giusto?»
«Tu chi sei?» domando ancora Shadow.
«La parte più difficile è la mera sopravvivenza» disse l'altro. Con uno strano orrore Shadow si rese conto che le fiamme del falò erano alimentate da ossa: costole e teschi con le orbite svuotate dal fuoco spuntavano qui e là tracciando nella notte scie colorate, verdi, gialle, e blu, che crepitavano e si arroventavano. «Tre giorni appeso all'albero, tre nell'aldilà, tre per ritrovare la strada del ritorno.»

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